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L’apocalisse può attendere
In cima alla lista c’è l’e-commerce, ma non mancano altre cause – anche politiche – che hanno condotto il retail all’emergenza attuale. La via d’uscita secondo Fabio Pampani, Ceo del gruppo Douglas Italia
Negli Usa si parla ormai di Retail Apocalypse, con diverse migliaia di negozi chiusi, e la relativa messa in ginocchio dei centri commerciali che li ospitano. Ma basta fare un giro nelle città italiane per rendersi conto delle decine di locali sfitti e con un turnover molto veloce, soprattutto tra i negozi più piccoli: secondo Confesercenti sono stati oltre 90 mila esercizi commerciali chiusi dal 2016 al 2017, altri 20 mila si stima lo abbiano fatto nel 2018. Se non è un’apocalisse questa, poco ci manca. Eppure, a fronte di un settore in crisi profonda, c’è chi invece crede nel retail, profondendo investimenti e non poche risorse. Vedi il gruppo tedesco Douglas, catena al dettaglio leader in Europa nel settore dei prodotti per la bellezza, presente con i suoi 2.500 negozi in 19 Paesi. Solo in Italia sono oltre 560, per una forza lavoro che conta circa 3 mila dipendenti e un fatturato che quest’anno dovrebbe chiudersi intorno ai 450 milioni di euro. Una realtà figlia dell’accorpamento di tre catene – Limoni e La Gardenia confluite in Douglas – il cui processo di integrazione è alle battute finali, e che vede al timone della complessa operazione Fabio Pampani. Manager con un passato in Coin, Oviesse, Upim, e attualmente Ceo del gruppo in Italia, al quale – dall’alto della sua quasi quarantennale esperienza nel retail – abbiamo voluto chiedere di fare una diagnosi sulla situazione italiana e dirci quale potrebbe essere l’eventuale antidoto contro l’Apocalisse.
La sua società è reduce da una complessa operazione di mergerizzazione. Mi chiedo e le chiedo, stante la situazione economica e politica, se il vostro sia più un atto di fede, di fiducia, o più un gesto di pragmatico realismo.
La fiducia non può e non deve mancare in operazioni del genere, così come una buona dose di sano ottimismo. Che non ha nulla a che fare con l’incoscienza (ride). Così come non può e non deve mancare un forte pragmatismo per poter mettere insieme tre aziende che operano nella stessa industry, e poter capitalizzare delle sinergie che si vengono a creare, sia in termini di costi che di redditività. Una redditività che deve essere non solo contingente, grazie alle ottimizzazioni possibili, ma strategica, ovvero conseguente al saper mettere insieme e orchestrare competenze, capacità negoziali e professionalità, che nel tempo sappiano dare sempre più valore all’impresa. È questo il pragmatismo che ha ispirato gli azionisti e noi come management, nel portare avanti il nostro principale paradigma, che consiste certamente nel…
L’intervista continua sul numero di Business People dicembre
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Fabio Pampani fotografato da Valerio Pardi