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Un capo non lavora mai da solo
In un mondo in continuo cambiamento, collaborazione e condivisione sono divenute centrali per il successo di qualsiasi azienda. Come riuscirci? Occorrono coraggio, sogno, determinazione e resilienza. A dirlo è Gherardo Magri, a.d. di Vaillant Group Italia
Team. Quattro lettere che possono fare la differenza, nel business come nello sport e, più in generale, in ogni impresa collettiva. I leader e i solisti sono molto importanti, ma se attorno a loro non c’è una squadra, anche il talento più eclatante può risultare insufficiente. Business People ne ha parlato con Gherardo Magri, amministratore delegato di Vaillant Group Italia, tra le aziende leader nel campo del riscaldamento, manager con una solida esperienza nel marketing ma anche nella produzione e nelle vendite, con un passato in Nabisco, Fisher-Price, Philips, Fiat, Blu e Candy.
Quanto conta il team?È fondamentale. Adesso sembra banale dirlo, perché tutti ne parlano. Da alcuni anni i grandi guru ne sottolineano l’importanza, ma io ho cominciato a metterlo al centro della mia strategia anche quando ho avuto i primi due o tre collaboratori, in Fischer-Price e in Philips. Ho capito da allora che è inutile e velleitario pensare che ci sia solo una persona che ha le idee, così non si va molto lontano. Puoi essere anche il capo più brillante, ma non vai da nessuna parte. Una volta, quando le aziende erano fortemente gerarchizzate, decidevano sempre e solo i capi, nel tempo il team ha acquisito un ruolo meno ornamentale. Oggi, considerando la velocità del cambiamento, bisogna che ognuno dia il suo contributo per far maturare un’idea nuova.
Quali caratteristiche cerca nelle persone che compongono la sua squadra?La competenza professionale la do per assodata, è imprescindibile. L’altro requisito che cerco è la passione per il lavoro. Quando vedo persone, anche molto talentuose ma per le quali lavorare per un’azienda o per un’altra è lo stesso, so già che non sono adatte al mio team. Se non hai passione per quello che fai, si vede. Diventi meno produttivo, i colleghi non li contagi. Perché non c’è solo il team dei dirigenti, ma anche quello dei dipendenti: io ho bisogno di 130 persone motivate, non di 15. Diciamo che ho quattro parole chiave per descrivere quello che mi aspetto da chi è parte del mio team.
Quali sono?La prima è “coraggio”. Ce ne vuole, sia nel senso di coraggio personale, quello per portare avanti le proprie idee e convinzioni, sia di tipo professionale, che significa non avere paura del nuovo, di cambiare. Un’altra parola importante è “sogno”, perché bisogna avere la capacità di essere un sognatore, avere un qualcosa dentro che ti motiva, un traguardo da raggiungere. Le altre due parole chiave ci riportano a una dimensione più aziendale e sono “determinazione” e “resilienza”. Quest’ultima è, in sostanza, la capacità di assorbire gli urti e andare avanti. Sono qualità che si possono acquisire e affinare, soprattutto nei momenti di crisi e in un’azienda una crisi arriva di sicuro, lo posso garantire.
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Le crisi, quindi, hanno un ruolo importante.Ormai i cicli si sono accorciati e si può andare molto bene un anno e molto male quello successivo. È in questi momenti che formi il team, è nei momenti di crisi che le persone si rivelano davvero. Ho visto personaggi brillanti che, quando le cose vanno bene, sono fortissimi, ma nel momento della difficoltà si sciolgono, oppure il contrario, persone che vengono fuori all’improvviso quando le cose si mettono male. Parliamo di periodi che tutte le aziende attraversano, mi creda. Anche le più grandi: non esistono aziende invulnerabili, per questo è fondamentale che il team abbia il coraggio di cambiare strada. Oggi bisogna provare, essere audaci, sbagliare e ricominciare. Le sicurezze che si avevano un tempo, non ci sono più. Quando ho iniziato a lavorare, quasi 40 anni fa, era normale per un’azienda fare piani a cinque, dieci, 15 anni. Oggi si fanno piani a sei mesi-un anno, e un anno è già un orizzonte lungo.
Come si motivano i team?Condividendo. La condivisione è decisiva per un manager. Il team deve sapere se l’azienda va male o no. Se sono chiamato in Germania per un meeting al quale devo andare da solo, poi racconto cosa ho fatto, cosa è successo, cosa ci siamo detti, cosa non funziona. E a questa attività bisogna dedicare molto tempo. Alle persone con cui lavoro, inoltre, sono abituato a dare feedback. Amo questa parola. Per me è importante dire come è andata la riunione, se una certa cosa è stata fatta bene. Infine, il team lo si motiva imparando a celebrare i successi, non sono quelli grandi, ma anche quelli intermedi.
Scegliersi dei buoni collaboratori comporta anche il rischio di vederli andar via. Come si tengono in azienda i talenti?Bisogna investire molto sullo sviluppo della persona, formarla, darle la possibilità di crescere. In Vaillant, per esempio, per i dirigenti e i quadri più alti ho organizzato incontri con dei coach personali, per individuare delle aree di miglioramento e di rinforzo delle caratteristiche. Inoltre, anche l’aspetto umano conta. Può essere utile che ci sia un po’ di confidenza tra di noi, che non significa andarsi a prendere una birra insieme dopo il lavoro, perché non credo troppo a queste commistioni esagerate tra universo professionale e privato, però significa alleggerire il clima anche nelle ore lavorative, per esempio facendo riunioni off site, trascorrendo una giornata fuori, magari in un albergo, per fare un po’ di brainstorming. Dopotutto, le idee migliori mi sono sempre venute fuori dall’ufficio.
Com’è cambiato il team negli anni?Una volta uno che sapeva fare il marketing, le vendite o il planning, era perfetto, nessuno gli chiedeva anche di essere empatico o saper stabilire relazioni. Era veramente un optional, me lo ricordo bene. Adesso invece è il contrario. Certo, le capacità tecniche di base ci vogliono, però quelle si possono perfezionare nel corso del tempo. L’ufficio delle Human Resources oggi è molto più importante rispetto al passato. Un tempo serviva per relazionarsi con i sindacati, per fare cose di base, oggi invece ci vuole un talento anche nello sviluppo dell’organizzazione, nello scegliere le persone giuste che garantiranno il successo dell’azienda.