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Marketing, i consigli degli esperti per conquistare i clienti
Nei negozi entra sempre più spesso una nuova utenza, più evoluta rispetto al classico consumatore: si informa, socializza, assorbe gli stimoli della pubblicità e solo alla fine decide gli acquisti. Ecco i consigli degli esperti per conquistare il cliente maturo, anche a costo di “pedinarlo”
Croce e delizia di tutti gli esperti di marketing, inseguito dalle aziende, coccolato dalla pubblicità. È lui: lo shopper. In italiano: chi compra davvero, colui che di fatto genera valore, ovvero il responsabile d’acquisto. Molto diverso dall’astratto consumatore. Lo shopper è una persona che si reca in un negozio, reale o virtuale, per informarsi, svagarsi, socializzare, scoprire marche e offerte, ricevere stimoli. Poi alla fine sceglie un determinato prodotto, proprio quello e non un altro. Il vostro? Può darsi: tutto dipende da quanto bene conoscete il vostro shopper; perché preferisce proprio un certo prodotto e non un altro? Quali meccanismi lo muovono ma, soprattutto, come conoscerli?
«La maggior parte delle aziende italiane, senza particolari distinzioni fra distributori e produttori, dedica scarsa attenzione allo shopper», sostiene Matteo Testori, ex Mondadori, Coca-Cola e Campari, oggi a.d. di Dialogica e professore di Brand Management e Comunicazione alla Cattolica di Milano. «Eppure, ogni vendita lasciata alla concorrenza è persa. Ecco allora che fare: bisogna capire, sollecitare e invogliare la persona che entra nel negozio e che potrebbe essere il consumatore finale. Ma anche una persona totalmente diversa: per intenderci, le creme femminili per il viso di solito sono acquistate da chi le utilizzerà, i pannolini per bambini no, così come il pet food. Che dire dei prodotti per l’igiene destinati agli uomini? Pensiamo al dentifricio o allo spazzolino. E i prodotti alimentari? Chi sono, rispettivamente, l’acquirente e il consumatore di Nutella, Coca-Cola, Lindt, Heineken?».
TERRENO DI CACCIA Insomma, il marketing tradizionale basato sul consumatore e sulle “quattro P” – le tradizionali leve di prezzo, prodotto, promozione e placement – si rivela ormai insufficiente. Serve qualcosa in più, la conoscenza approfondita dei comportamenti dell’acquirente. Come? Attraverso strumenti di analisi direttamente sul luogo d’acquisto: è qui infatti, secondo le ultime ricerche, che sette volte su 10 si prende la decisione finale, anche cambiando idea rispetto a ciò che si pensava di acquistare al momento di uscire di casa. «Eppure le aziende hanno ancora oggi scarse conoscenze di coloro che acquistano, di come sono influenzati dal tipo di ambiente, dal layout del negozio, dalla esposizione dei prodotti, dalla comunicazione in-store. Peccato, perché conoscere lo shopper sarebbe vitale per loro», continua Testori. E oggi ci sono tecnologie che permettono di farlo in maniera innovativa.
La prima, di derivazione militare, è la cosiddetta face detection. In pratica si tratta di una webcam in vetrina o sullo scaffale che conta il numero di passanti, le persone che guardano, il tempo di permanenza e di attenzione. I sistemi non filmano né riconoscono gli shopper, ma si basano su calcoli biometrici, e sono del tutto aderenti alle norme sulla privacy, perché nessun dato personale è raccolto o immagazzinato e i sistemi trattano soltanto numeri. Quindi, il riconoscimento delle persone, anche indiretto, è assolutamente impossibile. Questo sistema permette di mappare il comportamento in modo continuativo, dal momento dell’apertura a quello della chiusura del negozio, per 365 giorni.
Più sofisticati sono invece i sistemi di eye tracking, che misurano i movimenti dell’occhio per capire dove si dirige lo sguardo e quali prodotti si osservano in uno scaffale. Serve però coinvolgere lo shopper in un test, chiedendogli di indossare un paio di occhiali speciali e di simulare la sua normale attività di spesa: questo riduce l’adesione e la spontaneità, ma il sistema rimane utilissimo nelle fasi di test di nuovi prodotti e del packaging.
DATI SU DATIInfine, i sistemi Wi-Fi fingerprint che consentono di individuare e posizionare i movimenti di un telefono cellulare per tracciare i movimenti dei potenziali shopper. I principali fornitori dei dati sono Google, Infsoft, Navizon, AlterGeo, Skyhook Wireless. I sistemi possono registrare diversi comportamenti: i negozi più visitati, i percorsi indoor e outdoor, registrando una storia accurata di tutti gli spostamenti di una persona.«Questa tecnologia è al centro di un interesse crescente da parte dell’industria, dei tecnici, dei venture capitalist», osserva Testori, che ha appena pubblicato per FrancoAngeli Shopper marketing. Dall’intenzione all’acquisto. Metodi, modello, applicazioni, «perché riesce a mappare il numero di negozi frequentati, gli spostamenti di diversi cluster di shopper, la fedeltà o meno ad un punto vendita e può essere usata anche dentro i negozi per avere una mappatura macro dei movimenti in spazi ampi. Prendiamo, per esempio, un ipermercato: con la tecnologia di Wi-Fi fingerprinting possiamo sapere in quali zone e corsie si recano gli shopper. Non possiamo però sapere se si sono fermati proprio davanti ad un certo scaffale o espositore e sicuramente non possiamo sapere se lo hanno osservato, se hanno interagito con esso, a meno di non incrociare questi dati con altre fonti come le carte fedeltà, o i dati di sell out, per trovare delle correlazioni fra movimenti e acquisti, in cluster generati incrociando le caratteristiche dei possessori di smartphone con quelle rilasciate al momento della sottoscrizione della loyalty card. Siamo però nel campo delle ipotesi statistiche, non in quello dell’osservazione reale». Il sistema permetterebbe anche di inviare ai possessori di smartphone messaggi mirati, promozioni, offerte, comunicazioni. Resta però il tema aperto della privacy, nonché un aspetto etico. «Fino a che punto è lecito conoscere i comportamenti dei clienti», si chiede Testori, «per sfruttare opportunità commerciali? Anche qualora lo shopper desse il benestare al trattamento dei dati, siamo sicuri che fosse certo di ciò che stava facendo nonché sufficientemente informato?». In ogni caso, queste tecnologie da sole servono a poco se non sono affiancate dalle tecniche di intervista tradizionali e correlate ai dati di vendita, al tracking del cliente e alla face detection. Insomma, è necessario aggiungere quegli aspetti qualitativi tipici delle interviste personali e consentire le correlazioni fra passaggi, interesse, interazione e acquisti. Il risultato? L’identikit del vostro vero acquirente.
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