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Fare la differenza

Quali sono le ragioni per cui un gruppo come Sisal in fase di stallo nel 2008, a distanza di pochi anni – malgrado la recessione –, ha più che raddoppiato il fatturato rigenerando il proprio business? Ce le spiega il suo attuale amministratore delegato nonché artefice della svolta

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Crisi o non crisi, ci sono case history che forniscono ele­menti su cui riflettere per in­terpretare la vera natura della fase economica che attraversa il Paese. Perché se un’azien­da in forte stallo fino al 2008 com’era Sisal Group (per quei due o tre lettori a cui non venisse immediatamente in mente cosa sia, possiamo dire che opera nel settore dei giochi e del­le scommesse, dal Totocalcio in poi) sco­pre, proprio in coincidenza con l’arrivo di un nuovo amministratore delegato – Emilio Petrone nella fattispecie, ex Mat­tel, Sara Lee Corporation, Unilever e Fer­rero – di avere un potenziale tale da far lievitare il fatturato dagli allora 6 miliardi di euro agli attuali 14 miliardi, bisogna porsi almeno un paio di domande per scoprire le ragioni strategiche di un si­mile risultato in controtendenza. Qual è stato il tipo di leadership adottato? Qua­li nuove frontiere del business sono state esplorate? Come reagire a congiuntura e condizioni fiscali non favorevoli? Insom­ma, cosa dal suo arrivo in poi ha con­tribuito a fare la differenza tra un’azien­da che sembrava avviata al declino e una che si è rigenerata ampliando il suo cam­po d’azione? Busi­ness People lo ha chiesto direttamen­te a Petrone, che ri­sponde con pochi ma chiari concet­ti: innovazione, re­silienza, diversifica­zione del business e leadership cari­smatica.

Sisal viene fondata nel 1945 per inizia­tiva di tre giornali­sti – Geo Molo, Fa­bio Jegher e Massi­mo Della Pergola – che lanciano il pri­mo concorso a pronostico sui risultati delle partite di calcio. Dopo 70 anni di attività che cosa è diventata? Mi lasci innanzitutto esprimere la mia profonda ammirazione nei confronti dei nostri fondatori, peraltro il nostro presi­dente onorario è Rodolfo Molo – figlio di Geo Molo – perché ritengo siano sta­ti degli incredibili innovatori. Proprio per questo abbiamo creato l’Archivio Storico che raccoglie la nostra heritage, dal To­tocalcio al Totip, passando per la Tris, al SuperEnalotto piuttosto che Win for Life. Sin dalle origini Sisal ha creato prodot­ti iconici che potevano contare su uno studio accurato dei brand, vedi il pri­mo logo e lo storico “verde Sisal”, quan­do ancora in Italia neanche si parlava di certe novità sotto il profilo del marketing e della comunicazione. Innovative sono state, inoltre, le prime sponsorizzazioni sportive dei rally piuttosto che della boxe fino a quella del Festival di Sanremo ne­gli anni ‘80. I fondatori sono stati dei vi­sionari anche sotto il profilo della re­sponsabilità sociale: Sisal nacque, infatti, con l’obiettivo principe di contribuire a ricostruire gli stadi distrutti durante la se­conda guerra mondiale. Tutti aspetti a cui mi sono ispirato quando, nel 2008, sono approdato in azienda cercando di ripor­tare nel Gruppo quello spirito originario che si era appannato nel tempo, con ine­vitabili ricadute sui conti. Alla fine, devo dire che il processo ha avuto buon esito proprio perché si è sostanzialmente trat­tato di fare qualcosa di già insito nel dna dell’azienda.

A proposito di comunicazione, mi vien da dire che vi trovate con un’azienda il cui nome – in alcune regioni italiane – è, in certe versioni ger­gali, sinonimo di for­tuna… È vero, gestiamo un brand che vanta un’awareness incre­dibile, capillarmente conosciuto, e che ha saputo crescere sen­za invecchiare.

I vostri conti 2014 indicano circa 14 mi­liardi di euro di fat­turato, con un incre­mento del 4,7%; con ricavi a +6,3% mentre i servizi Payments & Services sono cresciuti del 10,4%, conferman­dosi come principale business unit per volume d’affari. Come riassumerebbe le ragioni di questi risultati? Una leva importante è sicuramente l’in­novazione. Ci siamo inventati via via nuove occasioni di business, come la scelta di diventare dei retailer, apren­ do punti vendita diretti, che hanno avu­to il merito di fare alzare non solo la qualità della nostra offerta, ma in generale della distribuzione del gioco in Ita­lia. Per esempio, abbiamo ideato con­cept come i Wincity, veri e propri luoghi di intrattenimento e aggregazione con ristoranti e bar annessi, dove si può en­trare certo per giocare, ma anche solo per bere qualcosa, assistere ai numero­si eventi d’intrattenimento come caba­ret e concerti, oppure vedere le ultime notizie dei canali all-news. Fin dal pri­mo dei 19 WinCity che abbiamo aper­to, in Piazza Diaz sotto la Terrazza Mar­tini a Milano, il concept si è conferma­to un’intuizione vincente. In più, abbia­mo allargato la rete dei partner delle ri­cevitorie, lavorando molto sulla distri­buzione. Una seconda ragione delle no­stre performance risiede nella diversifi­cazione delle fonti di ricavi, in particolar modo attraverso il business dei servizi di pagamento, che al mio arrivo era ancora in fase embrionale, mentre oggi SisalPay ha raggiunto la ragguardevole cifra di 7 miliardi di euro. Questa forte diversifi­cazione fuori del gaming è servita a raf­forzare e consolidare i nostri conti. Ma il terzo e forse più importante versante su cui, da quando sono arrivato, abbiamo pigiato sull’acceleratore è il digitale: a fronte di ingenti investimenti, fatti quan­do magari altri erano più timidi, ora ab­biamo l’invidiabile primato di essere una delle più grandi aziende digitali ita­liane, con oltre un miliardo di euro di vendite all’anno. Da tre anni inoltre stia­mo spingendo sul mobile, che ha rag­giunto il 20% delle vendite on line, e ri­tengo che nell’immediato futuro avremo una vera esplosione in questa direzione. E proprio in forza di questa ragione ab­biamo stretto importanti partnership fra le quali quella con Playtech, piattaforma leader nello sviluppo di giochi on line.

La tecnologia ha una forte componen­te di penetrazione nella vostra attività. Avete una divisione interna che la met­te a punto, l’acquistate da licenziatari… Come funziona?Un po’ di tutto. All’interno di Sisal esi­ste una funzione, la Pbi (Production and Business Innovation), che si occupa di innovazione sia di prodotto che di pro­cesso. Ciò non toglie che quando indi­viduiamo sul mercato partner e tecnolo­gie interessanti si possa acquistarle. In­fatti, abbiamo non solo ideato interna­mente giochi come SuperEnalotto e Win for Life, bensì sviluppato soluzioni inno­vative sia sotto il profilo hardware che software, come i terminali degli oltre 45 mila punti vendita Sisal presenti su tutto il territorio nazionale.

Non è stata solo la tecnologia a rendere Sisal un’azienda più moderna: negli ulti­mi anni vi siete dati anche un’immagine più “giovane”. Che ruolo ha avuto e sta avendo il marketing nel posizionamento del vostro business? Innanzitutto abbiamo deciso di intra­prendere attività di marketing in modo continuativo, mentre nel comparto ga­ming nel nostro Paese ma anche in Sisal – almeno quando sono arrivato – se ne faceva poco, e solo episodico. Conside­ri che l’azienda nel 2008 aveva un bud­get che si aggirava intorno agli 800 mila euro, oggi investiamo una media di 50 milioni in marketing e trade marketing, attività di promozione e comunicazione. Sotto questo profilo siamo a tutti gli ef­fetti una società di largo consumo. Il mio obiettivo è stato quello di applicare un approccio di management più sofistica­to a un settore che sostanzialmente era stato fino ad allora sottovalutato, e il cui potenziale è praticamente esploso appe­na abbiamo cominciato a comunicare in modo creativo, ingaggiando grandi nomi dell’advertising. Il riflesso è stato rapido anche sui conti, con un incremento pres­soché immediato del 30%.

È così che ha portato i 6 miliardi di fat­turato iniziali ai 14 miliardi attuali?Certo, è anche per questo che siamo cre­sciuti di due volte e mezzo… Ma non sottovalutiamo la componente innova­zione, che è stata esaltata presso il pub­blico attraverso campagne d’impat­to. L’ultima, appena partita, è su Ma­tchpoint. Siamo stati per certi versi de­gli antesignani, abbiamo dettato la linea, tant’è che – visti i nostri risultati – altre aziende del gaming ci hanno imitato, an­che se la mole di investimenti del setto­re, seppur cresciuta in maniera rilevante, non raggiunge comunque i livelli di altri Paesi. Non possiamo che attribuircene il merito, anche in virtù del lavoro fatto da una squadra di esperti e manager prove­nienti dai settori del largo consumo, che ho inserito in organico col mio passaggio in Sisal, e che hanno applicato a questo mercato logiche d’investimento prima neanche sfiorate.

E per il 2015 cosa prevede?Vogliamo continuare a crescere, cosa che sta però diventando sempre più dif­ficile, perché il nostro è un settore che ri­sente di un quadro normativo caratte­rizzato da notevole volatilità e incertez­za, a cui di anno in anno vengono im­poste condizioni un po’ meno favorevo­li del precedente. Un impedimento non indifferente per chi deve programma­re e gestire gli investimenti di un’azien­da di queste dimensioni. Prenda, per esempio, l’ultima legge di Stabilità, che ci obbliga a un’ulteriore esborso verso lo Stato pari a 46 milioni di euro l’anno. Sono costi enormi, anche per una real­tà come la nostra. Cambiamenti di que­ste dimensioni possono distruggere qual­siasi azienda. Ovviamente, ciò non rien­tra nei nostri programmi… Quindi, per quanto ci riguarda, non arretriamo dalla nostra strategia di sviluppo e di crescita, modificando i nostri piani rendendoli ef­ficaci al mutare delle condizioni. In que­sto rientra l’ambivalenza del mio ruolo, da una parte pensare all’espansione del business, essere il garante della strategia aziendale, dall’altra assicurare il raggiungimento dei target economici, riducendo i costi e minimizzando gli investimen­ti meno produttivi. Di tutto ciò si occu­pa un team di dirigenti di varia estrazio­ne e di grande qualità. Mi piace dire che la solidità di un’azienda si misura anche dalla sua resilienza, ovvero dalla sua ca­pacità di resistere e di reagire di fronte a difficoltà contingenti. E negli ultimi anni tutti noi abbiamo lavorato per rendere Si­sal una realtà altamente resiliente.

Mi tolga una curiosità: quando l’hanno assunta, nel 2008, che mandato le han­no dato? Non posso pensare che le ab­biano chiesto di raddoppiare e oltre il fatturato nel giro di sei anni… La mia è stata un’assunzione assoluta­mente strategica, una scelta rischiosa vi­sto che – a causa dell’alta componente tecnologica, regolatoria e commerciale – di solito sono preferiti manager che ven­gono dal settore, mentre io di gaming al­lora non sapevo nulla. Eppure si è trat­tato di una scelta precisa perché rispon­deva all’obiettivo di trasformare Sisal in qualcosa di più di una semplice azien­da di gaming. Per quanto mi riguarda, anche viste le mie precedenti esperien­ze in grandi aziende internazionali come Sara Lee e Mattel, sono stato sedotto da quest’idea: trasformare un grande grup­po italiano rendendolo più simile a una multinazionale Usa. E l’unico modo di farlo era – ed è – pensare seguendo ca­noni insoliti. Le confesso che, all’inizio, è stato uno choc.

Quant’è durato?Un anno, con i primi sei mesi molto dif­ficili.

L’INTUIZIONE FONDAMENTALE PER IL SUCCESSOÈ STATA DIVERSIFICARE LE FONTI DI RICAVOE PENSARE SECONDO CANONI INSOLITI

Si è mai detto: chi me l’ha fatto fare? L’ho pensato (ride). Anche perché ho tro­vato una situazione più complicata del previsto. Via via però abbiamo comin­ciato a marciare, riuscendo perfino a su­perare i piani predisposti nel 2006-2007 − quando la crisi economica non era ancora nell’aria – studiando soluzioni diverse da quelle indicate inizialmente.

Lei cita spesso le qualità delle persone che ha in squadra, come fa a scegliere quelle giuste? Per certi versi è un talento naturale, ca­pisco velocemente le persone, ma è an­che una questione di esperienza e di formazione: nelle multinazionali ameri­cane impari subito come scegliere la tua squadra e a gestirla. Senza falsa mode­stia, strada facendo ho scoperto di essere mediamente più capace di altri nel met­tere insieme le risorse e a farle lavora­re per massimizzarne il potenziale, inse­rendole nell’habitat più adatto alle loro capacità.

In un top manager è più importante la formazione o la personalità? La preparazione è la conditio sine qua non per essere presi in considerazione, è una componente da cui non si può pre­scindere. L’aspetto caratteriale invece è una variabile, e in quanto tale importan­tissima. Nessuna multinazionale dareb­be la gestione di oltre 30 territori, come è successo a me in Mattel, a una perso­na umorale, inaffidabile, piuttosto che incapace di gestire i suoi collaboratori. Ci sono incarichi in cui la componente della fiducia è fondamentale.

Il vostro rapporto sociale 2013 indica che le posizioni dirigenziali ricoperte da donne sono passate dall’11 al 18%. Lei inoltre fa parte del consiglio direttivo di Valore D. Quali sono i suoi punti di vi­sta in merito? Sono stato costretto dalle colleghe (ride). Scherzi a parte, nel nostro caso non è un tema solo relativo alle quote rosa, quan­to alla necessità di creare un ambiente di lavoro accogliente e motivante che at­tragga i migliori talenti. E siccome alme­no il 50% di essi appartiene al gentilses­so, noi abbiamo ancora ampi margini di miglioramento. Proprio per questo stia­mo procedendo a rapidi passi verso una situazione più bilanciata valorizzando l’elemento femminile e la diversity attra­verso il progetto WiSe (Women in Sisal Experience) avendo come partner l’as­sociazione Valore D. Una collaborazio­ne che nel 2013 mi ha portato a far par­te del Consiglio direttivo.

Quanto le somiglia oggi Sisal? Il giusto, non deve somigliarmi trop­po (ride).

In cosa le somiglia? Nella voglia e nella capacità di raggiun­gere i risultati innovando. Nel fatto che oggi Sisal sia un’azienda sana, in cui la­vorano professionisti onesti e competen­ti, concentrati sul fare business in modo assolutamente trasparente. Alla fine sono le persone a fare le aziende, non i pro­dotti. La vera sostenibilità è un mix di leadership e performance.

70 VOLTE SISAL

Fondata nel 1945, Sisal gestisce i giochi pubblici affidati in concessione dallo Stato, secondo le linee guida dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Oggi è un grande gruppo da 14 miliardi di euro di fatturato e 2 mila dipendenti che opera nei settori del gioco e dei pagamenti e servizi. Attualmente vanta una rete di oltre 45 mila punti vendita, costituita da ricevitorie, corner sportivi, agenzie e negozi di Sisal Matchpoint. Nel 2010 ha inaugurato la propria catena di spazi di intrattenimento, Sisal Wincity. Oltre al celeberrimo Totocalcio, Sisal gestisce numerosi giochi come Superenalotto, Sivincetutto, Win for life, Eurojackpot, e poi i concorsi a pronostico totogol, Big Match e Virtual Race, solo per citare i più importanti, nonché gaming online come poker, bingo, skill games e casinò.

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UNA VITA NELLE NEWS. Classe 1955, Enrico Mentana è giornalista e anchorman Tv. Gli esordi sono stati in Rai, nel 1980, per passare una dozzina di anni dopo in Mediaset, dove ha fondato e diretto il Tg5 . “Dimissionato” nel 2004, diventa direttore editoriale del Biscione e dà vita al talk di seconda serata, Matrix . Programma che è costretto a lasciare nel 2009, dopo essere entrato in rotta di collisione con i dirigenti del broadcaster. Dal 4 luglio 2010 è al timone del Tg La7