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C’è un evento in quella mostra

Una volta erano manifestazioni destinate alle élite. Oggi sono fenomeni di massa. Come mai? Perché un quadro è simile a un frullatore…

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Con più di 5 mila visitatori in media ogni giorno, la mostra del Caravaggio alle Scuderie del Quirinale ha battuto tutti i record. Per produrla, Palaexpo e Mondomostre hanno investito 2 milioni di euro e ne hanno incassati il doppio. Un vero affare. Ma come si trasforma un’esposizione di quadri in un evento mediatico e redditizio? I puristi non si offendano: che sia un quadro o un frullatore, valgono sempre le care e vecchie regole del marketing. A partire dalle 4 P. Innanzitutto serve un prodotto, e Caravaggio, a 400 anni esatti dalla sua morte, è l’artista più richiesto dai musei di tutto il mondo. Un nome che è anche una garanzia, come Gauguin, gli Impressionisti, oppure Van Gogh: la sua mostra a Treviso, nel 2002, attirò più di 600 mila visitatori diventando la più vista in Italia negli ultimi dieci anni. Poi conta il placement: Torino per le mostre scientifiche, Milano per andare sul sicuro. Ma il vero colpo grosso è piazzare un quadro negli spazi espositivi del Colosseo, il monumento più visitato al mondo: nel 2003 la mostra Nike, Il gioco e la vittoria staccò un milione e mezzo di biglietti. Ma c’è da dire che con 15 mila presenze ogni anno e un biglietto unico che comprende anfiteatro, Palatino e Fori Imperiali, il record della mostra non vale. Poi è questione di prezzo: i guadagni, infatti, arrivano per il 60% dall’ingresso. E allora meglio se pagano tutti. Sarà per questo che il presidente di Palaexpo-Scuderie, con una mossa che nessuno si aspettava, ha deciso di fare tabula rasa di omaggi e inviti: per vedere il “suo” Caravaggio nessuno è entrato gratis, neppure i giornalisti. Infine la promozione: dietro ogni grande mostra c’è una grande macchina mediatica che predilige giornali e Internet, perché il pubblico di riferimento è quello dei lettori e dei naviganti. Il budget? Non meno di un milione di euro per una buona copertura.

Mecenati e società private

All’estero sono gli stessi musei che organizzano e finanziano le mostre estemporanee, allestite accanto alle collezioni permanenti. In Italia invece è lavoro per mecenati e società private. Si pensi al sodalizio fra Fiat e Palazzo Grassi, che ha portato a Venezia orde di visitatori: 650 mila per I Fenici nel 1988, 800 mila per I Celti tre anni dopo e più di 600 mila per I Faraoni nel 2002-2003. Finita l’era Fiat, con la morte dell’Avvocato, Palazzo Grassi è stato in parte venduto dal Comune di Venezia, attraverso il Casinò, all’imprenditore francese François Pinault per una cifra che si aggira sui 28 milioni di euro. Ora è lui il nuovo mecenate miliardario. Per il resto, il business è in mano alle società private come Skira, il maggior editore europeo di cataloghi di mostre e organizzatore di grandi eventi artistici, oppure Electa, che nel 2006 fece con Mantegna, in tre diverse sedi espositive, un colpo da quasi un milione di visite. Poi Civita, in pole position quest’anno con una delle mostre in corso più visitate, quella di Steve McCurry al Palazzo della Ragione a Milano, che registra quasi mille visitatori in media ogni giorno. Il loro lavoro? Produrre e co-finanziare le mostre, affiancando i curatori, i responsabili amministrativi, i direttori dei musei e delle sedi espositive. Sono queste società a occuparsi di ogni aspetto legato all’organizzazione di un evento: dal progetto scientifico al management, dagli aspetti organizzativi ed economici al piano di comunicazione. Lo fanno da anni anche Arthemisia e Artematica, Villaggio Globale e Linea d’Ombra. E lo fanno investendo cifre considerevoli. Si parla infatti di svariati milioni di euro, la maggior parte necessari per il trasporto e l’assicurazione delle opere d’arte. Portare in Italia un capolavoro di Van Gogh può arrivare a costare fino a 150 mila euro, un quadro minore 100 mila. Se si pensa che l’esibizione bresciana Gauguin e Van Gogh, L’avventura del colore nuovo, a cavallo tra 2005 e 2006, presentava al pubblico più di 150 dipinti, il conto è presto fatto. Per citare un altro esempio clamoroso, L’impressionismo e l’età di Van Gogh del 2004 a Treviso è un evento costato 6,7 milioni di euro e uno dei più cari che sia mai stato realizzato in Italia. Chi paga? «Fino a qualche anno fa, prima della crisi, era un business equamente diviso fra capitale privato, pubblico e sponsorizzazioni», racconta Marco Goldin, fondatore di Linea d’Ombra e da molti considerato un vero stratega del settore. «Poi le cose sono cambiate: enti pubblici, fondazioni e banche restano alla finestra, investono di meno e aumenta di conseguenza il nostro rischio di impresa. Su 10 milioni di euro spesi in totale nel 2006 per Gauguin e Van Gogh e le altre 14 mostre minori che ho organizzato, il 35% è arrivato da contributi pubblici del sistema Brescia, il 65% da biglietti, bookshop e visite guidate. E siamo andati in pari con le spese». Insomma, sono finiti i tempi delle mostre “faraoniche”: oggi gli organizzatori hanno ridotto il budget, anche di due terzi, e arrivare a 200 mila visitatori è da tutti considerato un ottimo successo. Due le voci che hanno subìto i maggiori tagli. Innanzitutto il numero delle opere esposte: un quadro in meno significa risparmiare centinaia di migliaia di euro in assicurazione, e spesso non compromette il successo dell’esibizione. Poi il budget di comunicazione. «Ma in questo caso la crisi ha colpito anche le società di comunicazione e ci ha aiutato, perché pianificare una campagna ha oggi un costo notevolmente ridotto e ci possiamo permette di ottenere gli stessi risultati con meno spesa», conclude Goldin. La sua ricetta per trasformare una mostra in un evento capace di attirare migliaia di persone? Un buon prodotto, altrimenti il passaparola negativo è capace di affondare qualsiasi iniziativa, anche ben strillata. Poi tanta comunicazione mirata: l’arte non parla solo agli addetti ai lavori ma a tutti, quindi la pubblicità deve arrivare su quotidiani e Internet, nei negozi e nei centri commerciali.Anche per Davide Rampello, presidente della Triennale di Milano, non esiste la formula magica. «La comunicazione è importante e noi puntiamo su giornali e Internet, perché quello è il nostro target. Ma non servirebbe a nulla se non ci fosse dietro un contenuto solido. Solo quello genera passa-parola positivo».E se la mostra è un blockbuster, a trarne profitto è anche l’intera città che la ospita, soprattutto nel caso di piccole realtà di provincia, che possono puntare sull’evento per generare indotto. A Brescia, per esempio, secondo uno studio dell’Istituto regionale della Lombardia, la mostra di Gauguin e Van Gogh ha avuto un ritorno economico sul territorio di oltre 75 milioni, con una spesa inferiore ai sei. Un modello che si ripete con Treviso: le mostre alla Casa dei Carraresi hanno attirato, nel loro insieme, due milioni di persone, con ricadute positive sul turismo culturale ed enogastronomico dell’intero territorio. Molto meglio di un concerto rock.

Le 3 mostre italiane più viste nel 2009

1

53° Biennale Arte. Fare mondi. (Venezia, 375.702 visitatori)

2

Egitto. Tesori sommersi (Reggia di Venaria Reale, Torino, 221.268 visitatori)

3

Edward Hopper (Palazzo Reale, Milano, 202.127 visitatori)

La top 3 di tutti i tempi in Italia

1

I Faraoni (Venezia, Palazzo Grassi, 2002-2003. Visitatori: 619.478)

2

L’impressionismo e l’età di Van Gogh (Treviso, 2002-2003. Visitatori: 602.415)

3

Caravaggio (Roma, Scuderie del Quirinale, 2010. Visitatori: 582.577)

Le mostre più visitate nel primo semestre 2010

1

Mapping the studio. Artists from the François Pinault Collection (Venezia, Punta della Dogana, Palazzo Grassi. Visitatori: 287.267. Media giornaliera: 1.288)

2

Da Rembrandt a Gauguin a Picasso (Rimini, Castel Sismondo. Visitatori: 131.131. Media giornaliera: 971)

3

Steve McCurry Sud-Est (Milano, Palazzo della Ragione. Visitatori: 99.425. Media giornaliera: 947)

I musei d’arte più visti al mondo (Fonte: Art Newspaper – Il Giornale dell’Arte)

1

Louvre (Parigi, 8.300.000 visitatori)

2

Centre Pompidou (Parigi, 5.509.425 visitatori)

3

Tate Modern (Londra, 5.191.840 visitatori)

4

British Museum (Londra, 4.837.878 visitatori)

5

Metropolitan Museum of Art (New York, 4.547.353 visitatori)

6

National Gallery of Art (Washington, 4.518.413 visitatori)

7

Musei Vaticani (Roma, 4.310.083)

8

National Gallery (Londra, 4.159.485 visitatori)

9

Musée d’Orsay (Parigi, 3.166.509 visitatori)

10

Museo Nacional del Prado (Madrid 2.652.924 visitatori)

Le mostre più visitate del 2009 nel mondo (Fonte: Art Newspaper – Il Giornale dell’Arte)

1

Ashura (Museo Nazionale di Tokyo, Giappone. 15.960 visitatori al giorno)

2

Shoso-in (Museo Nazionale di Nara, Giappone. 15.000 visitatori al giorno)

3

Opere dalla Collezione Imperiale (Museo Nazionale di Tokyo, Giappone. 9.473 visitatori al giorno)

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La scala monumentale dei Musei Vaticani a Roma, il primo spazio espositivo in Italia per numero di visitatori ma solo settimo al mondo. Come riempire le sale di gallerie e mostre? La risposta, con buona pace dei puristi, sono le quattro P del marketing: prodotto, prezzo, placement e promozione. Mentre il nemico più temibile è il passaparola negativo