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Il torneo dei tornei
È il Masters Tournament, l’unica tra le gare più attese dell’anno ospitata sempre dallo stesso percorso: l’augusta National dell’asso Bobby Jones. L’appuntamento 2015 è dal 9 al 12 aprile

Per molti è il torneo più importante del mondo e un sogno anche solo pensare di assistervi dal vivo, per alcuni è l’obiettivo da raggiungere come giocatori, per pochi è la conferma di essere entrati nella storia e nella leggenda del golf. È il Masters Tournament (The Masters), il torneo che apre la stagione dei Major e che, unico tra i quattro momenti più attesi dell’anno, si gioca sempre sullo stesso percorso. Il contesto è l’Augusta National, in Georgia, uno dei circoli di golf più esclusivi e “chiusi” che questo mondo annoveri, al punto che solo da pochi anni ha aperto la possibilità di associarsi alle donne. Non si possono dimenticare, poi, gli aneddoti poco edificanti che hanno visto protagonista proprio il giocatore che in questi ultimi 20 anni ha riscritto la storia di questo sport, Tiger Woods. Nelle prime uscite e vittorie non mancarono spiacevoli manifestazioni di intonazione razzista. Ma partiamo dall’inizio…
LA FORZA DI UN SOGNODopo una carriera da dilettante che lo aveva portato a vincere tutto (compreso il Grande Slam, i quattro major vinti nella stessa stagione, unico nella storia del golf a riuscire nell’impresa) Robert Tyre “Bobby” Jones aveva ancora un sogno non realizzato legato al mondo del golf: disegnare un percorso composto da buche che richiamassero quelle che più lo avevano colpito in occasione dei suoi tanti successi. All’inizio degli anni ’30, in collaborazione con il ricco uomo d’affari Clifford Roberts, Jones decise così di dare il via al suo sogno-progetto, dopo aver individuato il terreno (acquistato per 70 mila dollari) e con l’aiuto, il disegno e la supervisione di Alister Mackenzie, grandissimo architetto scozzese di campi da golf, con cui condivideva molte idee sulle caratteristiche che un percorso dovesse presentare.
I lavori, iniziati nel 1931, si conclusero poco meno di due anni dopo e il circolo, l’Augusta National Golf Club, vide così la luce nel dicembre 1932 (apertura ufficiale a gennaio 1933). Se, da un lato, il nuovo inquilino aveva preso il posto di una piantagione di indigo e di una serra di piante e fiori molto particolari, dall’altro Jones & co. salvaguardarono la peculiarità di quell’area: azalee, magnolie, gelsomini gialli, piante ornamentali tipiche del Sud degli Stati Uniti, oltre a inebriare i nuovi proprietari li convinsero a farne elementi di unicità del nuovo golf club. E non a caso l’Augusta National è riconosciuto come uno dei circoli più belli del golf mondiale.È così che, anche grazie alla fama che aveva saputo costruirsi negli anni, Bobby Jones decide di organizzare una competizione nel “suo circolo”, invitando i migliori esponenti del golf dell’epoca, con l’obiettivo di dare impulso a questo sport. Nel 1934, con la denominazione di Augusta National Invitational Tournament, il torneo ebbe la sua prima edizione, ma fu solo nel 1939 che Jones accettò di cambiarne il titolo in The Masters Tournament: inizialmente il grande campione, non volendo apparire presuntuoso, non volle utilizzare un nome così impegnativo
CURIOSITÀ E INNOVAZIONILa storia del Masters e dell’Augusta National è ricca di eventi, curiosità, cambiamenti e aneddoti che hanno caratterizzato i loro oltre 80 anni di storia. Uno dei primi fatti da segnalare, forse non noto a tutti, è che il giro così come siamo abitua ti a seguirlo non è quello originario. Dopo la prima edizione, nella seconda parte del 1934, Jones e Roberts decisero di invertire la sequenza delle buche. Un periodo, poi, che seppur indirettamente ha segnato la storia di questo club e del suo torneo è stato quando non si è giocato… Durante la II Guerra mondiale la competizione fu sospesa e i due proprietari, per sostenere l’economia di guerra decisero di aprire i terreni del club per far pascolare il bestiame e favorire l’allevamento di tacchini.Altro evento entrato nella fenomenologia del Masters è il Par 3 Contest, la gara sul percorso executive disputata (per la prima volta nel 1960) alla vigilia del torneo dai protagonisti con mogli, figli, amici e fidanzate in veste di caddie. Per scaramanzia, nessuno vuole vincere questa gara: sul trofeo del Masters non è poi mai stato inciso, infatti, quello stesso nome.
AMEN CORNER E NON SOLO |
La leggenda dell’Amen Corner – il secondo colpo della 11esima buca, la 12esima ed i primi due colpi della 13esima – nacque nel 1958 dalla penna del giornalista Herbert W. Wind, che vide tra l’11esima e la 13esima buca il punto di svolta di un grande duello tra Ken Venturi e Arnold Palmer, risoltosi a favore di quest’ultimo. Come da tradizione, poi, passato l’amen Corner, sono le ultime buche dell’augusta National a fornire emozioni infinite impedendo fino all’ultimo putt di decretare il vincitore. |
Jones e Roberts sono stati anche innovatori. Introducendo alcuni cambiamenti nel modo in cui i tornei venivano disputati, ma anche seguiti dagli spettatori: se, da un lato, vollero che la gara durasse quattro giorni per 18 buche (prima, di sabato e domenica ne erano previste 36) e senza giri di qualifica, dall’altro, hanno introdotto strumenti per aiutare il pubblico a seguire la gara, come il programma delle coppie in partenza e libretti con informazioni varie. E, anche per quanto riguarda il campo, non si può certo dire che si sia stati con le mani in mano. Dopo l’inversione delle buche, molti sono stati gli interventi, dalla lunghezza (negli anni aumentata di centinaia di metri) ad alcune delle caratteristiche stesse del disegno (come la modifica di alcune collinette per facilitare la visuale al pubblico), al riposizionamento di alcuni tee.
SFIDA PER POCHINel tempo i criteri per l’ammissione dei partecipanti si sono evoluti con i significativi cambiamenti che il mondo professionistico del golf ha attraversato, risultando particolarmente impegnativi. Formalmente, la partecipazione alla gara su invito (il Comitato mantiene la possibilità di invitare giocatori altrimenti non qualificati). Tra i criteri da soddisfare per avere la possibilità di ricevere un invito vi sono tra gli altri avere vinto il Masters, un Major negli ultimi cinque anni, essere tra i primi 50 giocatori del mondo a una certa data. In totale, sono 18 i parametri adottati per la selezione che fanno del Masters la competizione, tra i Major, con il campo di partenti più ristretto (ca. 100 i campioni ai nastri di partenza). Una clausola inderogabile rimane per i dilettanti che, per partecipare, devono mantenere il loro status fino al giorno dell’inizio della gara. Se, da un lato, è difficile essere ammessi, dall’altro, per chi vince, la carriera subisce un’accelerazione tale da trasformarne totalmente le prospettive. Oltre all’invito permanente al Masters, infatti, per cinque anni si ha diritto a partecipare agli altri tre Major, al The Players Championship (considerato il 5° Major) e al Pga tour americano. Il vincitore riceve inoltre la “green jacket”, che può tenere un anno per riconsegnarla quello successivo, e diventa socio dell’Augusta National. Ovviamente è previsto anche un premio in denaro e, oltre a una copia del trofeo, viene consegnata una medaglia d’oro. Sono previsti poi altri riconoscimenti, tra cui quello per il secondo classificato, per il miglior dilettante che sia riuscito a passare il taglio, il miglior score di giornata o anche per chi abbia effettuato una particolare prodezza come una buca in uno o un albatross.
ITALIANI IN GARABenché non siano mai saliti sul primo gradino del podio, i giocatori italiani hanno avuto modo di farsi notare, e in positivo, nella lunga storia del Masters. In particolare due atleti che, per motivi diversi, sono simboli del nostro golf: Costantino Rocca e Matteo Manassero. Il primo nel 1997, anno che lo avrebbe visto anche fantastico protagonista in Ryder Cup, dopo il terzo giro si trovò al secondo posto e con la “sfortuna” di giocare le ultime e decisive 18 buche con Tiger Woods in uno dei suoi primi momenti di trionfo. L’enorme pubblico al seguito fece il resto, probabilmente non aiutando la concentrazione di “Tino” che chiuse quinto (ancora oggi miglior risultato di un Italiano). Manassero si distinse invece nel 2010, allorché ancora dilettante e poco più che 16enne, si trovò come più giovane della storia a giocare e a passare il taglio.
Credits Images:Il golfista australiano John Senden durante la sfida dello scorso anno © Getty Images
