Gusto
Universo di-vino
Tutti pazzi per il nettare degli amanti del buon bere. E del buon vivere. Il vino è cultura e imprenditoria, finanche spettacolo. Un mondo dove tradizione e innovazione regnano sovrane
di Christian Benna
In alto i calici! Corre sul filo ebbro del paradosso la passione per il vino della Penisola. Gli italiani lo amano, lo studiano e lo sorseggiano sempre di più. Tanto che nell’ultimo triennio l’Ais, l’Associazione italiana sommelier, che conta 30 mila soci, ha aumentato dell’11% gli eventi formativi. Stiamo parlando di oltre 360 corsi l’anno, quasi uno al giorno, seguiti da più di 15 mila persone che vogliono conoscere meglio il pianeta del vino, a volte fino a farne una professione. Distinguere le grandi casate del Barbaresco e del Pinot nero non è più un segreto per moltissimi italiani, e l’abbinamento migliore con i piatti della tradizione gastronomica è diventato quasi uno sport nazionale su cui tanti discettano. Eppure, nel momento forse più alto dell’interesse per il nettare di Bacco, la botte resta mezza piena coi consumi in discesa. Un male? Non proprio. Infatti, il vino da bevanda da tavola si sta spostando nella fascia alta dei beni di consumo, un piacere da gustare con moderazione e puntando sulla qualità. Ma soprattutto da conoscere per apprezzarne storia. E perché no, per imparare a conoscere i territori, in un cocktail di enogastronomia e turismo. Lo conferma Fabio Gallo, il presidente dell’Ais Piemonte, che farà gli onori di casa al 48esimo congresso nazionale dei sommelier italiani (dedicato al vitigno Nebbiolo in tutte le sue sfumature) in programma nei palazzi storici di Torino il 22, 23 e 24 novembre. «È vero che se ne parla sempre di più ma se ne beve sempre di meno», dice Gallo: «Il vino da prodotto alimentare è ormai un bene edonistico, da assaporare e da conoscere. L’interesse per questo mondo sta crescendo moltissimo, ma siamo ancora lontani da una vera cultura del vino, e la sua divulgazione è un po’ la nostra missione per gli anni a venire».
SAPORE DI CLUB. C’è chi lo fa ascoltando jazz, chi a teatro o all’aria aperta. E c’è chi abbina al vino una visita alle cantine, passeggiate in bicicletta immerse tra vitigni e opere d’arte. Sorseggiare un rosso è ormai un’esperienza multisensoriale, dove i produttori si sfidano a colpi di fantasia per attrarre nuovi adepti ai segreti di Bacco. Perché il club del vino assomiglia sempre più a un luogo per intenditori, un mondo a tratti esclusivo per chi sa valutare a colpo d’occhio colore, limpidezza e consistenza della bevanda. E per ingentilire la scena, la degustazione spalanca le porte di nuovi abbinamenti. Forse i vecchi vignaioli sorriderebbero nel vedere quante sottigliezze ruotano attorno al prodotto delle fatiche dei campi. Tant’è che nell’Italia delle mille sagre, tante in omaggio del vino, si moltiplicano le più sobrie ed eleganti degustazioni. Occasioni per imparare a distinguere e conoscere aromi e profumi. E per legare la passione del vino a nuove esperienze culturali e turistiche. José Rallo di Donnafugata si è inventata le degustazioni in jazz, in Alto Adige le cantine aperte sono tappe di itinerari in bicicletta; per la Toscana il Wine Tourism è un pacchetto turistico a tutto tondo. Insomma il consumo è cambiato. E va oltre il calice. Ed è diventato anche più femminile: sempre più donne si avvicinano al vino da intenditrici, da conoscitrici o da semplici appassionate. E bisogna sfatare anche un mito: piace sempre più anche alle giovani generazioni.
VIGNAIOLI IMPRENDITORI. Ritorno ai valori della terra. Dolci panorami tra i vitigni delle colline. E il piacere della campagna. Il vino si è trasformato in emblema del buon vivere che sta riportando in auge tutto il mondo dell’agricoltura anche come stile di vita e, perché no, di investimento. Lo dimostra il sempre più nutrito numero di industriali, uomini d’affari, politici e artisti che scelgono di dedicarsi (anche solo part-time) a viti e vigneti. L’ex sindaco di Milano Letizia Moratti è proprietaria, insieme con il marito Gian Marco, del Castello di Cicognola, nell’Oltrepo Pavese, dove produce, grazie ai consigli dell’enologo Riccardo Cotarella, La Maga e il Dodicidodici (da uve barbera) e il More (Pinot Nero). I coniugi D’Alema nel 2008 hanno acquistato un’azienda agricola di 15 ettari in Umbria, tra Narni e Otricoli, e l’hanno chiamata La Madeleine. Ha appena sfornato, dopo il classico Nerosé, il Narnot, un rosso in stile Bordolese. La famiglia Marzotto possiede ben otto tenute in varie zone d’Italia. In Toscana, in pieno “Chiantishire”, è tutto un pullulare di vip che si dedicano al vino. La rocker senese Gianna Nannini produce in un ex monastero a 7 km da Siena tre rossi Igt a base di Sangiovese; nella tenuta del Borro la famiglia Ferragamo possiede vitigni Merlot, Syrah, Cabernet sauvignon, Sangiovese e Petit verdot; a pochi chilometri di distanza, a Figline Valdarno, anche la pop star inglese Sting ha acquistato una tenuta di 350 ettari. E da questi parti ci sono le cascine vitivinicole di Paolo Rossi (a Bucine, provincia di Arezzo). E non mancano i casi di successo internazionale. Come quello di Antonio Moretti, socio di Prada e creatore del polo del lusso che ha sfornato griffe come Arfango, Bonora, Pull Love e Carshoe, che nella tenuta Setteponti produce l’Oreno (Sangiovese più Merlot e Cabernet, tra i 10 migliori vini al mondo secondo la classifica di Wine Spectator).
BIOLOGICO E IN RETEL’ultimo trend in fatto di vino è la versione biologica. Parliamo ancora di una nicchia di mercato, circa il 7% della superficie coltivata. Eppure il record di conversioni al bio indica una nuova strada per il vino made in Italy. Il caso più emblematico in Lombardia è quello di Berlucchi, il colosso delle bollicine con una produzione annua di 4,2 milioni di bottiglie, che ha iscritto tutti i vigneti al registro di uva biologica. Al Vinitaly di Verona, inoltre, quest’anno è stata abbinata, per la prima volta, anche una sezione dedicata alla coltivazione biologica. L’altra tendenza arriva dagli acquisti online. Si tratta ancora di una goccia nel mare del commercio del vino che supera di poco i 30 milioni di euro l’anno, ma gli osservatori ne stimano grandi potenzialità di crescita. Wineshop ha registrato 58 mila bottiglie spedite l’anno scorso, con una proposta al consumatore di circa 400 etichette. «Nel settore alimentare», spiega Paolo Camozzi, gastronomo di Cortilia, piattaforma online per l’acquisto di prodotti agroalimentari dagli agricoltori e dagli allevatori locali, «stiamo assistendo a una continua crescita dell’e-commerce: secondo uno studio Agriventure-Coldiretti nel 2013 in Italia la spesa alimentare sul Web è stata di 132 milioni di euro, in aumento del 18% anno su anno. Parallelamente, Internet è anche la principale fonte d’informazione che ci orienta negli acquisti. Si tratta di un enorme potenziale per il settore. Gli utenti chiedono di poter effettuare spese complete e veloci in Rete e sono sempre più attenti alla qualità dei prodotti e alla loro sostenibilità. Ecco perché, a fronte di questa domanda, abbiamo inserito nell’offerta di Cortilia alcune referenze di vino artigianale».
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