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L’innovazione chiave per la crescita
In Italia il mercato dell’auto, vetture di lusso comprese, è diventato più marginale, non solo a causa della crisi ma anche di una politica autolesionistica. Come uscirne? Puntando su nuovi prodotti e misure a costo zero. Parola d Daniele Maver, presidente di Jaguar Land Rover Italia
«Siamo diventati l’ultima ruota del carro». Il commento del presidente di Federauto Filippo Pavan Bernacchi sul mercato europeo delle quattro ruote lascia poco spazio all’interpretazione: a maggio, mentre l’Europa segnava un +6,6% nelle vendite rispetto al 2013, l’Italia era l’unico “big” dell’Unione a segno meno (-3,8%).
Colpa di una ripresa con il freno a mano tirato, che tiene molti lontano dai concessionari. Il problema è che da noi anche il mercato delle auto di lusso – solitamente anticiclico in tempi di crisi – ha sofferto e non poco negli ultimi anni, perdendo anche quote superiori al 50%. Come si spiega? «I clienti con una certà disponibilità economica hanno preferito non consumare», spiega Daniele Maver, manager con alle spalle un’esperienza trentennale nell’automotive e, dal 2007, al vertice di Jaguar Land Rover Italia.
Perché avrebbero smesso di spendere?Per una politica autolesionistica dell’Italia, di penalizzazione delle auto di lusso. Negli anni della prima recessione, nel 2008-2009, a fronte di un mercato dell’auto che calava del 20%, l’alto di gamma teneva. Poi, però, misure fiscali come superbollo e blitz della Guardia di Finanza, con persone fermate per strada per il solo fatto di guidare macchine di lusso, hanno spinto tutti a fare un passo indietro, spostandosi su vetture sempre premium, ma di dimensioni ridotte, con un conseguente ridimensionamento dei fatturati. C’è stato un calo abbastanza drastico, credo abbia avuto effetto anche su qualche decimo di punto di pil. Tra l’altro, l’Italia ha dei marchi sportivi molto importanti come Ferrari, Maserati, Lamborghini: se avessero dovuto sopravvivere solo con le vendite interne, avrebbero già chiuso da un pezzo, perché hanno registrato cali del 40-60%.
All’estero c’è stato qualcosa di simile? Difficile fare un discorso unico. In Germania, ad esempio, avendo in casa un’industria automobilistica premium come Audi, Mercedes, Bmw e Porsche, i marchi sono stati protetti. E lì il mercato del lusso ha tenuto. In Francia, come un po’ anche in Belgio e Olanda, sono state introdotte forme di tassazione, ma in maniera più intelligente: le misure colpiscono le alte emissioni – e quindi vetture di alto profilo e cilindrata – ma, con auto più ecologiche, le case sono riuscite a reagire.
L’Italia è ancora un Paese di riferimento per il mercato delle auto di lusso? Sicuramente oggi abbiamo alcuni mercati che sono in una fase espansiva. Quello cinese conta tantissimo, anche per noi. Quando sono entrato in Jaguar Land Rover registravamo vendite marginali, circa 1.000-2.000 macchine della nostra gamma, oggi arriviamo a 120 mila e la Cina è diventata la nostra prima regione, più importante di Europa e Usa. Ci sono poi anche altri Paesi come Brasile e Russia che sono cresciuti tantissimo. In Europa l’Italia ha perso terreno, specialmente rispetto alla Germania, diventando un mercato più marginale.
PER LE AUTO DI LUSSO IL MERCATO CINESE
CONTA TANTISSIMO, PIU’ DI EUROPA E STATI
UNITI: OGGI E’ LA NOSTRA PRIMA REGIONE
Quanto ci vorrà per tornare ai livelli pre-crisi? La nostra previsione è che, in generale, si possa tornare nell’arco di cinque anni sui livelli del 2007-2008. Tuttavia, questo mercato dipende molto dal trend del pil e, quindi, dalle previsioni sull’economia. L’auspicio è di una crescita, anche se questa sembra permanere su ritmi abbastanza lenti. Nel complesso, il settore del lusso è in linea con quello generale. All’interno dei suoi segmenti, però, influisce molto il ciclo di vita del prodotto. Dove vengono lanciati nuovi veicoli, si assiste a una crescita. Faccio un esempio: noi siamo stati protagonisti nel settore dei “large Suv” con il lancio del Range Rover Sport, dando sicuramente un impulso positivo. Oggi abbiamo una quota del segmento del 30%, un vero record, superiore anche alla quota dell’Inghilterra, dove giochiamo in casa.
E per quanto riguarda le misure? Ce n’è una che sostengo da tempo: un maggior rigore nel processo di revisione dei veicoli. Le vetture con più di dieci anni consumano e inquinano di più, frenano male e l’adeguamento agli standard di sicurezza costa. In Germania, quando l’auto raggiunge una certa età, gli automobilisti si trovano ad affrontare spese elevate per mettersi in regola, e questo porta a mettere da parte vetture inquinanti e meno sicure spingendo le vendite, senza dover agire sugli incentivi. In Italia questo meccanismo di revisione esiste, solo che è un po’ meno rigoroso. C’è poi il tema delle vetture storiche. Esistono modelli di 20-30 anni che godono di questo status e di una serie di agevolazioni, come la riduzione del bollo e dell’assicurazione; questo porta a tenersi l’auto, che costa meno di una nuova. Ma una vettura di vent’anni è vecchia, non sempre storica. Anche in questo caso servirebbe un maggior rigore nella concessione di status di auto storica. Sarebbero due misure a costo zero, che porterebbero a un rinnovo del parco circolante.
Parlando anche dell’esperienza di Jaguar Land Rover, cosa cercano oggi gli italiani in un’auto? Nelle città il traffico è congestionato e dovrebbe essere sempre più riservato a mezzi pubblici e city car elettriche, non sicuramente alle nostre auto. Anche nei viaggi di lavoro, almeno nelle tratte principali come Roma-Milano, il treno è diventato un’ottima alternativa. L’auto si è specializzata nel soddisfare le esigenze della persona. L’andare in vacanza, godersi il tempo libero, il viaggio personale… In questa declinazione le nostre macchine trovano la loro realizzazione migliore. Da una parte Land Rover offre comfort, spaziosità e la capacità di affrontare qualsiasi tipo di terreno; dall’altra Jaguar ha un connotato più sportivo, di performance su strada. Sono due tipologie diverse, ma secondo me hanno un tratto comune: il piacere di guidare.