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Sostenibilità

Alla scoperta dell’umanità

Tra i boschi dell’Oltrepò pavese, Cascina Rossago offre ad adulti autistici residenza, servizi ad hoc e soprattutto lavori abilitativi in ambito rurale. Stefania Ucelli, psichiatra e direttrice della struttura, illustra il modello innovativo della prima farm community italiana

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In un’Italia a cui resta molto da fare (e da imparare) rispetto ai problemi dei disabili, all’integrazione sociale, all’assistenza a loro e alle loro famiglie, e non da ultimo al rispetto, ci sono casi che si discostano da un quadro desolante che non fa onore al Paese. Brucia ancora la bocciatura estiva da parte della Corte Ue allo Stivale, fanalino di coda nel mondo – dietro a Stati come Zambia e Malawi – per l’inserimento lavorativo delle persone affette da handicap: di queste, solo il 16%, 300 mila individui tra i 15 e i 74 anni, ha un’occupazione. In un simile panorama, un’eccezione degna di nota è costituita da Cascina Rossago, inserita nella rete delle strutture socio-assistenziali accreditate della Regione Lombardia. Un modello innovativo che guarda alle pionieristiche farm communities per adulti autistici del Nord Europa: le prime furono in Inghilterra e in Irlanda, rispettivamente nel 1974 e nel 1982, tuttora attive e vitali. «Il progetto è nato nel 2002, promosso dalla Fondazione Genitori per l’Autismo, un gruppo di cinque famiglie con figli con questa disabilità», spiega la psichiatra Stefania Ucelli, direttrice della struttura insieme al marito Francesco Barale, entrambi docenti all’Università di Pavia. «Inizialmente la preoccupazione era relativa al futuro di questi figli, il “dopo di noi”, ma ci si è resi conto che bisogna intervenire anche sul “durante”, il presente: negli adulti autistici si amplificano i cosiddetti “comportamenti-problema” tipici dei bambini con questo disturbo: isolamento, ripetitività, ossessività, scarsa o nulla capacità di comunicare, per citarne alcuni». La Cascina sorge dalla ristrutturazione (da circa 6 miliardi di vecchie lire) di un’ex azienda dismessa, in un’area verde da 18 ettari a Ponte Nizza (Pv). Accanto all’impegno, anche economico, della Fondazione, fondamentali sono stati gli interventi della Regione Lombardia, di privati e fondazioni benefiche (quali quelle di Banca Cariplo e Banca del Monte di Lombardia) oltre a quelli della stessa Regione. Tra supporto pubblico e finanziamenti diretti, la parità di bilancio nella gestione è stata raggiunta tra il 2004 e il 2005. Oggi la struttura è aperta a 24 adulti autistici (età media, 30-40 anni), affiancati quotidianamente da uno staff di medici, infermieri, operatori socio-sanitari, ausiliari socio-assistenziali, educatori, riabilitatori psichiatrici, terapisti occupazionale e maestri d’opera. Attività agricole e laboratori (ceramica, falegnameria, tessitura e musica) sono programmati in modo individualizzato, tenendo conto dei vari bisogni, ma anche delle singole propensioni.

La fattoria lombarda si fonda su un principio di “ecologia sociale” legato ai benefici che coltivazione dei campi e cura degli animali offrono ai suoi ospiti, in quanto correlate alla vita della microcomunità. È particolarmente significativa l’esperienza legata all’allevamento degli alpaca (attualmente 19). «In Germania avevo notato un impiego analogo delle pecore, che però sono animali meno empatici», commenta la direttrice Ucelli. «Dall’accudimento della stalla alla lavorazione della lana, i ragazzi possono seguire tutto un ciclo produttivo, comprendendolo bene. Occuparsi di un altro essere vivente è un compito molto utile per loro, permette di superare la paura del contatto con l’altro». Si potrebbe pensare che una struttura del genere, in cui convive un gruppo di adulti autistici, lontani da un contesto urbano, rischi di condurre alla loro ghettizzazione. In realtà, Cascina Rossago ha da subito puntato all’integrazione di queste persone, da un lato con assistenti sanitari e operatori educativi, e dall’altro col territorio locale, attraverso eventi ludici e sociali. «Vivere e lavorare in una simile comunità li rende felici, li fa sentire socialmente utili… Ricordo ancora, con commozione, un autistico di una farm tedesca. Durante un nostro sopralluogo, si avvicinò al registratore di un visitatore e dichiarò: “Mi chiamo Martin, faccio il falegname e l’agricoltore”. A Cascina Rossago un ragazzo esibisce, fiero, una maglietta con scritto “manutentore”». Significa, per loro, acquisire un’identità dignitosa in un mondo – quale è quello fondamentalmente percepito da questi disabili – buio, fatto di oggetti inanimati. Non a caso, in un libro dedicato all’argomento, scritto a più mani, Stefania Ucelli parla di “umanità nascosta” dell’autismo. E sono numerosi gli studiosi e coloro che sono affetti da questo disturbo – tra cui Kim Peek, che ispirò Rain Man (1988) con Dustin Hoffman, film vincitore di quattro Oscar – ad aver descritto la propria condizione come un’“ombra” in cui si vive, inaccessibile all’esterno. Risposte concrete come quelle offerte dalla struttura pilota dell’Oltrepò Pavese rappresentano una luce, per gli ospiti e per le loro famiglie.