Attualità
Sessantuno (più tre) proposte per il rilancio del turismo in Italia
Non tutti lo sanno, ma il governo dei tecnici ci ha lasciato in eredità un progetto con una serie di azioni specifiche per far partire l’unica economia che può davvero cambiare le sorti del paese: quella dell’ospitalità. Chiunque riceverà il testimone, farà bene ad ascoltare cosa hanno da dire al riguardo il presidente dell’Enit, il più noto critico d’arte italiano e la punta di diamante del nostro giornalismo d’inchiesta

Quante cose sono state promesse durante la scorsa campagna elettorale. Si è detto tutto e il contrario di tutto. Sono stati presi i presunti temi caldi del Paese, dalle tasse alla disoccupazione, dall’Imu all’euro, passando per i costi della politica e dell’eterna questione della giustizia, e rivoltati come calzini. A parole. La situazione non è migliorata quando sono cominciate le consultazioni per la formazione del nuovo governo: accordi, imposizioni e prese di posizione, diktat e divieti. Chi aveva ancora un po’ di lucidità lanciava l’allarme che nel mentre il Paese stava continuando inesorabile la sua lenta marcia verso la rovina. Eppure pochi, se non pochissimi (e tra questi Gian Antonio Stella, dalle colonne del Corriere della sera), hanno denunciato la più grande mancanza nell’offerta politica di tutti i partiti e i movimenti, una delle leve che chi prometteva il cambiamento, quello vero, non avrebbe potuto ignorare. Naturalmente parliamo del turismo, il settore che dovrebbe trainare l’economia nazionale e che invece diventa, anno dopo anno, l’emblema della decadenza di un Paese buono solo a lasciarsi scappare tutte le chance e le best practice offerte dalla globalizzazione. È un dato di fatto: il mondo viaggia con sempre maggiore frequenza, per affari, per piacere, per cultura, per shopping. E l’Italia, sulla carta, è “la” meta che potrebbe soddisfare ciascuna di queste esigenze. Il guaio però è che se i flussi turistici globali non fanno che aumentare, la nostra competitività non fa che diminuire: negli ultimi dieci anni, a livello mondiale, la spesa dei turisti per viaggi all’estero è raddoppiata e le previsioni parlano, per il prossimo decennio di un ulteriore balzo del 50%. Si stima che nel corso del 2011, più di un miliardo di persone ha effettuato un viaggio all’estero per turismo, e secondo il World Tourism Organization, nel 2030 i viaggiatori saranno 1,8 miliardi su scala planetaria, facendo registrare un incremento annuo del 4%. In questo contesto l’Italia subisce la concorrenza indiscriminata di Paesi meglio infrastrutturati, collegati, organizzati e soprattutto promossi sul piano internazionale. Non è un caso che la Penisola, prima destinazione turistica europea negli anni ‘80 e nella prima parte degli anni ’90 sia scivolata in terza posizione, dietro Spagna e Francia. In concomitanza con la comparsa di nuove mete, la quota di mercato tricolore nel settore turistico a livello globale è scesa del 3,7%, quasi il doppio di quanto fatto registrare dai cugini d’Oltralpe (1,9%) e quasi il triplo del calo spagnolo (1,3%). Una vera debacle per un settore che anche così bistrattato genera in Italia (dati 2011) un fatturato di 136 miliardi (l’8,6% del Pil) impiegando 2,2 milioni di addetti (il 9,7% degli occupati nazionali). Tutti questi dati sono solo la premessa al Piano strategico per il turismo, il canto del cigno del ministero (senza portafoglio, ricordiamolo) del Turismo presieduto prima da Michela Vittoria Brambilla e poi da Piero Gnudi. Annunciato a gennaio e presentato a febbraio, alla Bit di Milano, al documento è stata riservata davvero poca attenzione dalla stampa e dagli addetti ai lavori. In primo luogo perché l’interregno dei tecnici volgeva al tramonto, in secondo luogo perché non si sapeva (e nel momento in cui si scrive ancora non si sa) se ci sarebbe mai stato un altro ministero del Turismo a prendere il testimone lasciato da Gnudi. Il Piano però non è la semplice denuncia dei cronici punti di debolezza della nostra offerta turistica. È un preciso decalogo che si compone di 61 azioni puntuali, ripartite in quattro categorie di interventi: alto impatto economico ed elevata velocità d’esecuzione (30 iniziative), alto impatto economico e medio-bassa velocità d’esecuzione (20 iniziative), impatto economico medio-basso ed elevata velocità d’esecuzione (otto iniziative), impatto economico medio-basso e velocità d’esecuzione medio-bassa (tre iniziative).
LE PRIME CINQUE AZIONI DEL PIANO STRATEGICO PER IL TURISMO |
1. Rilancio del Comitato permanente per il turismo tra Governo, Regioni e Province autonome. 2. Creazione di tavoli di lavoro permanenti con Regioni e Associazioni di categoria per l’implementazione del Piano strategico. 3. Costituzione di una task force per l’implementazione del Piano strategico alla diretta dipendenza del ministro del Turismo. 4. Avvio del processo di revisione del Titolo V della Costituzione e revisione della governance del settore. 5. Attribuzione di portafoglio al ministro per il Turismo e istituzione del ministero del Turismo. |
Naturalmente, le azioni prioritarie sono quelle del primo gruppo, tutte volte alla restaurazione di un dialogo vero e fattivo tra lo Stato centrale e gli enti locali (regioni, province, addirittura comuni) in cui è polverizzata l’offerta turistica del Paese dei mille campanili. La creazione di una serie di poli culturali, enogastronomici e ricettivi in senso più ampio, legati alle caratteristiche del territorio, è un altro dei piloni del programma elaborato dalla staff di Gnudi. Si tratta di circa 40 cluster, da promuovere con la potenza di fuoco di un intero Paese, creando sinergie, proponendo target specifici, e soprattutto evitando sovrapposizioni e cannibalizzazioni dovute a una concorrenza che sfavorisce l’intero territorio. In una parola, imparando a fare sistema. In cabina di regia dovrebbero esserci il ministero del Turismo, finalmente dotato di portafoglio e quindi della possibilità di muovere risorse reali, e il tanto vituperato Enit (Ente nazionale italiano per il turismo), che in mano a Pierluigi Celli, eletto presidente un anno fa, sta conoscendo una nuova fase della propria ragion d’essere. Ora la palla passa a chi è chiamato a governare il Paese. Speriamo a questo punto prevalga, se non la responsabilità, un po’ di sano istinto di (auto)conservazione.
LA PAROLA A: | ||
TESORI NASCOSTI. Secondo Vittorio Sgarbi, il comune di Morano Calabro (Cs), insieme con Altomonte e Castrovillari rappresenta un’occasione persa per la creazione di un polo culturale di rilievo nel Pollino
