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Polemica su Montepaschi di Siena, Mussari si dimette dall’Abi
La grana derivati in Montepaschi di Siena getta ombre sulla gestione dell’allora presidente Mussari, che annuncia il suo passo indietro alla guida dell’Associazione bancaria italiana. Intanto la banca senese rischia un buco da 700 milioni
“Ritengo di dover rassegnare, con effetto immediato e in maniera irrevocabile, le dimissioni da presidente dell’Associazione bancaria italiana”. Inizia così la lettera inviata a Camillo Venesio, vice presidente vicario dell’Abi, con cui Giuseppe Mussari annuncia le proprie dimissioni da presidente dell’associazione. Una scelta dettata dalle forti polemiche riguardanti la mina derivati scoppiata al banca Montepaschi di Siena (Mps), di cui Mussari è stato presidente per sei anni. Assumo questa decisione – scrive – convinto di aver sempre operato nel rispetto del nostro ordinamento, ma nello tempo, deciso a non recare alcun nocumento, anche indiretto, all’Associazione”. La lettera di Mussari
I FATTI. L’avvocato Mussari era al suo secondo mandato da presidente dell’Abi (in carica dal 2010). Nella giornata di martedì 22 gennaio alcune indiscrezioni di stampa avevano riacceso l’attenzione nei confronti di Mps, svelando l’esistenza di un altro contratto di finanza strutturata dal ‘sapore tossico’. Si tratta, come riporta l’agenzia Ansa, del derivato con nome in codice Alexandria e si va ad aggiungere a quello emerso la scorsa settimana (firmato con Deutsche Bank, denominato Santorini). Insieme queste esposizioni potrebbero costare adesso al Monte un buco nei conti del 2012 fino a 700 milioni di euro, che verrebbe tamponato con i soldi dello Stato.
ACCORDO SEGRETO. A lanciare l’allarme stavolta è stato il Fatto Quotidiano, che ha ricostruito un’operazione di ristrutturazione del debito da centinaia di milioni con la banca giapponese Nomura (sbarcata in Europa con l’acquisto della Lehman Brothers) nel 2009. Responsabili dell’operazione, oltre a Mussari, gli ex Antonio Vigni (direttore generale) e Gianluca Baldessarri (capo della finanza). Il contratto, da qualche mese al vaglio della Procura di Siena, sarebbe servito a Mps per “abbellire il bilancio 2009” scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari che poi i giapponesi avrebbero riversato sul Monte attraverso un contratto ‘segret’ a lungo termine non trasmesso dall’allora vertice ai revisori dei conti Kpmg e a Bankitalia. L’accordo, secondo il quotidiano, è rimasto custodito per tre anni nella cassaforte di Vigni.
LA CONFERMA E IL DANNO IN BORSA. L’esistenza del derivato è stata confermata dalla banca che adesso vede alla guida il tandem Alessandro Profumo (presidente) e Fabrizio Viola (Ad). Con una nota è stato precisato infatti che l’incremento deciso lo scorso novembre di 500 milioni di euro dei Monti Bond è stato deciso proprio per assicurare la copertura “degli impatti patrimoniali” causati dai derivati, tra cui l’operazione Alexandria. Il titolo ha perso, tra una serie di sospensioni al ribasso, il 5,68% a 0,27 euro. Scambi da capogiro con 621,1 milioni di pezzi passati di mano, pari al 5,31% del capitale. Secondo alcuni analisti ciò che preoccupa non è tanto l’aspetto contabile, viste le coperture in arrivo dai Monti-bond, quanto il danno alla reputazione della banca.
SCARICA BARILE. A gettare ulteriori ombre sul caso è poi il giallo emerso in giornata sulle modalità di sottoscrizione del contratto con Nomura e Mps, che vedono ora le due banche su posizioni diametralmente opposte. Da una parte infatti la banca giapponese sostiene che l’operazione Alexandria sia stata “completamente esaminata e approvata ai massimi livelli di Mps incluso il cda e il presidente Mussari”; mentre da Siena è stato precisato che la questione non è mai stata presa in esame dal consiglio. Infine, il ruolo dei consulenti di Kpmg. Secondo la ricostruzione de Il fatto Quotidiano, che cita una trascrizione telefonica tra Mussari e il numero uno di Nomura, Sadeq Sayed, il presidente avrebbe tenuto al corrente Kpmg sull’operazione ma non avrebbe poi inviato il contratto segreto ai revisori. Fatto sta che adesso Kpmg replica precisando di non essere “mai stata messa a conoscenza di alcun accordo di natura riservata” tra le parti e che “provvederà a tutelare la propria posizione in ogni sede”.
Credits Images:Giuseppe Mussari