Attualità
Spiderman e Diabolik, due cinquantenni in calzamaglia
Più che supereroi, antieroi. Forse è questo il vero segreto della longevità di due grandissimi del fumetto (e non solo), che continuano a imperversare fuori e dentro le vignette da cui hanno preso vita nel 1962
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Siamo a cavallo di due importanti cinquantenari. Nel 1962, rispettivamente ad agosto e a novembre, vedevano la luce due star del fumetto (ma non solo), Spiderman e Diabolik. Due personalità, due modi di indossare un costume, due modi di vivere fuori dalla legge completamente diversi. Eppure, due personaggi accomunati da uno stesso tratto. Più che di supereroi, mai come per Spiderman e Diabolik si può infatti parlare di antieroi. Perché le loro azioni non sono guidate da grandi ideali o da oscuri propositi di giustizia personale, ma solo dalla necessità di dare sfogo alla propria umanità.
AMICHEVOLE RAGNO DI QUARTIERESì, perché in fondo Spidey (provate a chiamare con un diminutivo qualche altro eroe Marvel: provateci con Wolverine, o con Daredevil!) è prima di ogni altra cosa Peter Parker, anche quando indossa il costume e vola per i grattacieli di Manhattan. Paradossalmente anzi, la maschera dell’Uomo ragno non fa che mettere a nudo la sua vera natura: ironica e sensibile, creativa e giocosa, inesauribile. Se non si fosse fatto in cinquant’anni tanti terribili nemici, molti dei quali a conoscenza della sua vera identità, ci sarebbe da scommettere che Spiderman passerebbe il suo tempo ad aiutare le vecchiette ad attraversare le avenue di New York, dondolando da un isolato all’altro con la sua tela indistruttibile, e facendole sorridere con una battuta sempre brillante, addirittura galante. Oppure sarebbe impegnato a recuperare i gatti che non riescono più a scendere dagli alberi, o tutt’al più a salvare bimbi in fasce dimenticati nel bel mezzo di un incendio scoppiato nel Bronx. Perché Peter Parker agisce non per spirito di sacrificio, né per vendetta e nemmeno per svelare i misteri della propria esistenza e delle proprie stupefacenti doti. Ma solo per senso di responsabilità. Max Pezzali: “Eroe perchè precario”La morte dello zio Ben, causata indirettamente dalla superficialità della sua adolescenza, quel motto che gli si è scolpito nel cervello “Da un grande potere deriva una grande responsabilità”, la gratitudine di una città a volte infernale che lo ama più come una mascotte che come un angelo custode – e le sue superfacoltà di ragno radioattivo, non ce le dimentichiamo – danno a Peter Parker il coraggio di essere se stesso, in una società che di solito non concede ai timidi e agli impacciati troppe chance di successo. Gli amori, gli affetti, le relazioni, le disavventure del giovane scienziato con la passione per la fotografia non sono un contorno, e nemmeno uno specchio delle imprese compiute da Spiderman, bensì a volte il motore della storia, oltre che il grande vero fardello dell’eroe. Che in alcuni casi è costretto ad affrontare – e sconfiggere – amici, mentori e altre persone che come lui sono state bene/maledette dall’ottenimento di superpoteri, rispetto ai quali però non hanno imparato a essere responsabili.
Nella foto in alto a destra, il libro Io sono Spiderman, edito da Panini, che distribuisce in Italia le avventure dell’Uomo ragno, contiene alcune delle sue storie più celebri. Sulla destra la copertina dell’ormai rarissimo n. 15 di Amazing Fantasy, l’albo su cui debuttò Spidey nel 1962. Oggi vale oltre 15 mila euro |
IL RE DELLA SUSPANCE«Un Genio, lucido, razionale, pragmatico, che mette le proprie eccezionali facoltà intellettuali non tanto al servizio del Male in sé, del furto e del bottino, quanto alla Suspense e del Colpo di Scena». Così lo scrittore Carlo Lucarelli descrive Diabolik nella bella introduzione al volume dedicato dalla Bur alla creatura delle sorelle Giussani. Poche parole che colgono appieno il dna di questo eroe nero che fece tanto scandalo, finendo diverse volte in tribunale con le accuse più disparate, salvo uscirne sempre indenne e, probabilmente, ancor più ricco di fascino. Era l’1 novembre del 1962 quando comparve nelle edicole il primo numero dal titolo evocativo Il Re del Terrore. I testi erano di Angela Giussani, i disegni di tale Zarcone, detto “il tedesco”, di cui oggi rimane incerto anche il nome di battesimo. L’impostazione del personaggio era già ben delineata, un ladro di abilità e ingegnosità senza pari, capace di assumere diverse fisionomie grazie a maschere di plastica sottilissima da lui stesso inventate, da allora eterno rivale dell’integerrimo ispettore Ginko. Un criminale, senza dubbio, ma non privo di alcuni principi etici. Non è mai morboso – non uccide per piacere ma solo quando “necessario”, a muoverlo è la sfida non la brama di ricchezza –, è contrario allo spaccio di droga, allo sfruttamento della prostituzione, alla violenza sulle donne e mantiene sempre la parola data. Tanto che, a distanza di tempo, viene spesso scelto come testimonial per diverse campagne sociali. E nel terzo numero arriverà Eva, compagna altrettanto bella e intelligente, a completare la sua personalità e le sue avventure. Una formula di sicuro successo perché, per citare Umberto Eco, «si prova una soddisfazione non del tutto pacifica (ma per questo più eccitante) nel parteggiare per il cattivo». “Le sorelle Giussani secondo me”Ma il novembre del ‘62 non rappresenta un punto di svolta nel mondo del fumetto solo per la comparsa dell’eroe nero. Di Diabolik fu rivoluzionario anche il mini-formato 12×17 ideato, si dice, osservando i pendolari in transito alla stazione milanese di Cadorna. Fu così, racconta la leggenda, che Angela Giussani pensò di progettare un fumetto «tascabile, rivolto a un pubblico adulto, con un tempo di lettura pari a quello degli spostamenti quotidiani di un lavoratore medio». Questa, forse, è leggenda, il resto, a distanza di 50 anni, è ormai storia.
Una mostra per 50 diabolike candeline – Parola a Luca Ward, voce di Diabolik
CURIOSITÀ DIABOLIKE | |
BOTTINO PREZIOSOQuanto vale il n. 1 originale di Diabolik? Secondo i collezionisti circa 7 mila euro, se è in buone condizioni | |
L’INCONFONDIBILE JAGUARLe sorelle Giussani non si intendevano di automobili, tanto che in un episodio il Re del Terrore, commesso un omicidio, apre il cofano della sua E-type e vi getta il cadavere. Impossibile, visto che lì c’è il motore! Erano convinte che tutte le auto avessero il motore dietro, come la loro Volkswagen |
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