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Presentato il rapporto Giarda, al via la “spending review”

Il rapporto sulla spesa pubblica italiana detta le linee guida per rivedere i costi dello Stato. In dieci punti gli sprechi nei quali affonda la spesa pubblica italiana

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Un documento di 51 pagine da utilizzare come guida per l’avvio della spending review, ovvero la revisione della spesa pubblica italiana. È stato appena pubblicato il rapporto sulla spesa pubblica italiana coordinato dal ministro dei rapporti con il Parlamento, Piero Giarda (scarica il documento); un testo che – si sottolinea a fine documento – “ha l’obiettivo di proporre interventi correttivi su nessuna delle componenti della spesa pubblica”, ma propone comunque alcune linee guida su cui basare gli interventi. “Due gli obiettivi – dice il ministro e professore di Scienza delle finanze nell’Università Cattolica di Milano – Il primo quello di restituire al settore privato attività e interventi che non hanno più ragione di essere pubblici. Il secondo è di garantire efficienza nel settore pubblico per concentrare l’azione su chi ne ha bisogno». Dalle macchine sottoutilizzate alle opere incompiute, da modi di produzione “antichi” alla “errata identificazione di soggetti meritevoli di essere sostenuti”: sono 10 i tipi di sprechi, riassunti dall’Ansa, nei quali affonda la spesa pubblica italiana:

1. Utilizzo di fattori produttivi in misura eccedente la quantità necessaria. È questo il caso quando due impiegati vengono utilizzati per fare un lavoro per il quale uno sarebbe sufficiente, oppure quando una macchina costosa e ad alto potenziale viene sistematicamente sotto-utilizzata. 2. Acquisti realizzati pagando prezzi superiori al mercato o all’effettivo valore. È il caso, per esempio, dei farmaci. Diverse aziende sanitarie pagano prezzi diversi per lo stesso prodotto. 3. Adozione di tecniche di produzione sbagliate. Nella produzione pubblica “c’è una tendenza inarrestabile – evidenzia il Rapporto – a utilizzare, tra le diverse tecniche di produzione disponibili, quelle che si caratterizzano per la più alta intensità di lavoro”. 4. Utilizzo di modi di produzione “antichi, chiaramente più inefficienti e quindi più costosi”. 5. Utilizzo di modi di produzione che impiegano fattori di produzione incompatibili tra di loro, “ad esempio lavoro non specializzato applicato al funzionamento di macchine innovative ed evolute”. 6. “Errata identificazione dei soggetti meritevoli di essere sostenuti nei programmi di sostegno del reddito disponibile”. 7. La progettazione di opere incomplete, il mancato completamento di opere iniziate, i tempi di esecuzione molto superiori ai tempi programmati. A queste tipologie si possono aggiungere la progettazione di opere di dimensione eccessiva rispetto alla capacità realisticamente sfruttabile, a volte eseguite con materiali troppo pregiati. 8. Avvio di nuovi programmi di spesa «non preceduti o che non passano il test di benefici superiori ai costi». Il riferimento è per alcune opere pubbliche ma anche interventi nella sanità. 9. Il mix dei programmi di spesa pubblica non si adegua (o si adegua con ritardo) ai mutamenti della domanda e dei bisogni della collettività. Per esempio vengono mantenuti in vita di programmi, attività, strutture organizzative o enti per i quali non sussistono più, se mai erano esistite, le ragioni che avevano portato al loro avvio. 10. Le iniziative di spesa avviate in funzione anti-ciclica e realizzate con spese di durata permanete anziché con programmi di spesa a termine.