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Lifestyle

Un uomo… di qualità

È l’immagine che vogliono valorizzare i marchi italiani della moda maschile nella scelta della comunicazione visiva. Attraverso campagne che esaltano la tradizione e altre, invece, che si lanciano nella sfida del web

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Atmosfere retrò e modernità dinamica. Pubblicità tradizionali, con un tocco innovativo, oppure contemporanee e graffianti, ma senza eccessi. È secondo queste linee direttive della comunicazione che i marchi italiani del fashion business dedicato all’uomo vogliono aggirare la crisi e continuare a mantenere viva l’attenzione dei consumatori sulla nostra eccellenza manifatturiera. Per esempio, con campagne realizzate da staff interni, all’insegna della lavorazione artigianale di tutta la filiera produttiva, ma anche da fotografi di grido e art director vulcanici per catturare scatti d’appeal. Sia che la scelta ricada su un advertising classico e formale, sia su una comunicazione trasgressiva, capace di rimanere bene impressa nei consumatori, una certezza accomuna i vari brand: l’importante è esaltare, sempre e comunque, il concetto di qualità che contraddistingue il made in Italy nel mondo.

INNOVARE NEL SOLCO DELLA TRADIZIONEPorsi come punto fermo di eleganza e glamour, anche mentre tutto intorno si respira aria di crisi e bisogna stimolare la clientela all’acquisto. Come? Puntando sull’eccellenza di tessuti e manifattura, il primo valore da comunicare all’interno delle campagne. Con la giusta grinta per attirare e stupire continuamente. Sono gli obiettivi primari che vogliono raggiungere in questo periodo, con le loro campagne, i brand d’alta gamma, specializzati nell’abbigliamento maschile. Si collocano nel solco della tradizione e della continuità con il passato marchi storici come Tombolini e Kiton. «In un momento sicuramente non facile per tutti i settori dell’economia, la moda ha senza dubbio una grande responsabilità e un importante compito», dichiara a Business People Fiorella Tombolini, presidente della marchigiana Tombolini Industrie. «È necessario rassicurare il cliente parlando di qualità e di made in Italy. Penso che, anche in momenti difficili, possa ancora una volta essere premiante la capacità di far sentire il consumatore pienamente immerso nei valori che un’azienda propone, capaci di arricchire in maniera fondamentale, come nel nostro caso, un prodotto come il capospalla che, tecnicamente, è ormai realizzabile ovunque». È d’accordo Antonio De Matteis, amministratore delegato della Ciro Paone di Arzano (Na) attiva nel segmento di lusso con Kiton: «Rassicurare la clientela anche attraverso una creatività adeguata, per noi realizzata da uno staff interno, e puntare sulla qualità hanno contribuito alla nostra crescita dello scorso anno. Abbiamo infatti chiuso il 2011 con un fatturato intorno a 80 milioni di euro (+25% sul 2010). Il 2012 è difficile da prevedere, ci sono molte incertezze, ma stimiamo una crescita del 10% nel primo trimestre. Continueremo a focalizzare la nostra comunicazione sul prodotto più che sul packaging, esaltando il valore della nostra storia». Ricorda tuttavia Maurizio Corneliani, finance, legal and strategic marketing director del gruppo sartoriale nato negli anni ‘30 a Mantova: «Non va mai dimenticato che il design per il consumatore è quella componente intangibile e indispensabile per aumentare il valore del bene. Nel nostro caso non dobbiamo mai essere trasgressivi, ma nemmeno troppo noiosamente rassicuranti. Per il momento non utilizziamo testimonial, anche se non posso escluderli in un futuro. Ritengo che vincente sia il giusto mix tra direzione artistica, prodotto, fotografo, location, lifestyle, in quanto tasselli di un mosaico indispensabile a esprimere la nostra identità». Anche per Roy Roger’s, marchio fiorentino specializzato nel denim (per un giro d’affari da 32 milioni di euro nel 2011), «il prodotto “fatto bene” e di “una volta” rimangono i concetti più importanti, tenuti ben saldi attraverso i nostri tessuti premium e l’utilizzo di alcune delle stesse macchine da cucire di quando l’azienda ha iniziato negli anni ‘40», afferma Guido Biondi, proprietario dell’azienda e responsabile dell’ufficio stile e della parte creativa. Che sottolinea: «Oltre a pagine pubblicitarie su testate nazionali e alla cartellonistica esterna, un’attenzione particolare la rivolgiamo ai veicoli comunicativi in continua evoluzione. Oggi la multimedialità è senza alcun dubbio il linguaggio più forte ed è proprio per questo motivo che Roy Roger’s, in contemporanea al rinnovo del sito, sta progettando anche “shop on line” e materiale di fruizione multimediale». Si sta muovendo sul Web pure la bolognese WP Lavori in Corso, che distribuisce a livello mondiale il marchio Woolrich e che quest’anno celebra i trent’anni di attività. Racconta il presidente dell’azienda, Cristina Calori: «Anche in questa area WP, che si presenta sullo scenario mondiale come gruppo di “heritage brands” e si è sempre posto oltre le mode, vuole essere non tradizionale e mira a coinvolgere la sua community con contenuti ed esperienze di ricerca, la stessa esperienza che il consumatore fa oggi all’interno dei WP store: concept store contenitori dei marchi, della ricerca e del vissuto dell’azienda. Abbiamo iniziato da poco a sviluppare una vera piattaforma Web e tutto il comparto prevede forti sviluppi a breve, con nuove collaborazioni».

DA BRAND A LOVEMARK Non solo mera esibizione e non più unicamente uno status symbol da comunicare. Un capo di lusso ha assunto un nuovo significato legato all’esaltazione del sé, per accrescere il proprio piacere personale e blandire il narcisismo del consumatore. Quello che spinge il cliente all’acquisto, attualmente, non è la voglia di ostentare agli altri, ma quella di autorealizzazione, che passa anche attraverso una giacca e un accessorio da indossare. Concetti che i marchi devono costantemente trasmettere, per coinvolgere il pubblico a livello empatico. Per Corneliani, «l’immagine deve rappresentare il brand, ma deve saper suscitare curiosità ed emozione. Non è sempre indispensabile dover rappresentare il prodotto, anche se spesso è necessario che sia posto al centro dell’attenzione, ma suscitare emozioni positive e trasmettere un senso di benessere. Il consumo nella società moderna va visto quasi come terapia anti-stress!». Quello che Tombolini intende sottolineare nelle sue pubblicità è «la cultura integralmente italiana – il cuore, la passione, l’artigianalità – legata ai materiali di pregio e finiture impeccabili, veicolando l’immagine di un uomo che si proietta nel futuro rimanendo attaccato alle proprie origini, commenta la proprietaria del gruppo. Che ricorda: «“Il futuro ha radici antiche”, diceva mio padre Eugenio Tombolini. Questo messaggio è per noi assolutamente attuale ed è il concetto sul quale si basa tutta la nostra comunicazione, sia on line che off line. L’utilizzo delle nuove tecnologie è per noi importantissimo, ma è necessario creare un progetto integrato e completo, allo scopo di creare un vero e proprio lifestyle, fatto di costante interattività e ricchezza di contenuti». I capi sempre in prima linea, anche nella creatività più dinamica. Ne è convinto Roy Roger’s, come spiega Biondi: «Nella campagna in uscita, vogliamo mettere in evidenza il prodotto reinterpretando un vintage più moderno, grazie alla scelta di modelli e modelle che non seguono i canoni classici di bellezza, ma quelli di una nuova bellezza come viene incarnata da Roy Roger’s, in un perfetto equilibrio con il bianco/nero. In particolare, per noi il fotografo (il marchio si affida a Fabio Leidi, ndr) è l’elemento chiave per la riuscita di una buona campagna». Nelle sue pubblicità è alla ricerca di un vero e proprio «approccio culturale» WP Lavori in Corso, che per le ultime creatività legate al marchio Woolrich si è affidata all’artista giapponese Masao Yamamoto. «Le nostre scelte ricadono sempre su fotografi non di moda, ma d’arte», ricorda il presidente Calori, che cita, accanto a Yamamoto, anche Bernard Plossu e Larry Fink. «All’insegna di una narrazione elegante e mai banale, con ambientazioni che variano di stagione in stagione per raccontare il mondo Woolrich» Non a caso, la direzione artistica delle campagne è affidata a Luca Caccioni, pittore e insegnante presso l’Accademia delle Belle Arti di Bologna. Secondo De Matteis di Kiton, specie in momenti critici per l’economia mondiale, «il modo migliore per comunicare quello che realizziamo è usare i nostri clienti come testimonial. Per il 2012 terremo questa direzione, fotografando un nostro storico acquirente di Milano. Non è la prima volta che adottiamo questa linea artistica. Nel 2008 ho voluto metterci io la faccia, per mostrare chi c’era dietro l’azienda, uno che rimaneva ben saldo al timone anche in tempi di crisi».

“CHEAP” NON È “CHIC”! La cura della creatività, nel desiderio di evidenziare l’attaccamento alle origini e al territorio, la storia del gruppo e l’impeccabile lavorazione, è una delle leve su cui i grandi marchi spingono per rimarcare la loro diversità con la cosiddetta “fast fashion”, la moda “mordi e fuggi” di catene che propongono collezioni innovative a prezzi economici. Continua ancora De Matteis di Kiton: «Secondo me, rischiamo di rovinare i giovani, che in tali negozi comprano tanto, ma poi buttano via dopo poco. Questo per me è un concetto di fruizione molto sbagliato, oltre che un segnale di cattiva educazione. È poco morale! Solo la grande qualità rimane nel tempo». Anche per Corneliani «la parola d’ordine è eccellenza. Nel mercato c’è posto per tutti, purché si resti sempre i primi della classe. Una buona pizza non sostituisce mai un ottimo pasto. Entrambi sono necessari, e spesso si rivolgono anche agli stessi consumatori, l’importante consumatore». È un «confronto sereno» quello che Fiorella Tombolini vive con i marchi della fast fashion: «Siamo consapevoli che questi brand hanno aumentato enormemente la competizione cambiando in maniera importante lo scenario del settore. Tuttavia parliamo linguaggi diversi rivolgendoci a differenti target di consumatori. In un mercato sempre più globale, il trend evolutivo del lusso sta salendo verso il super lusso e noi vogliamo essere presenti in una fascia di mercato alta, fatta di gusto e passione per il bello, con un brand visibile e forte nel tempo, come mostra il nostro emblema distintivo, il “drago di San Giorgio” rielaborato da mio padre Eugenio, a partire dallo stemma araldico della sua città, Urbisaglia (Mc), inserendo le forbici al posto delle zampe anteriori della fiera».

La vera trasgressione? Pensare alla crisi come opportunità