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Anarchico e felice
Enzo Biagi nel 1976 lo definì “l’uomo che ha distrutto la moda”. I suoi negozi sono stati un punto di riferimento per generazioni di giovani, cui ha insegnato che l’eleganza – oggi più che mai – è a disposizione di tutti coloro che abbiano buon gusto. Perché secondo Elio Fiorucci la moda è prima di tutto felicità
“Le persone più famose hanno il loro nome su un negozio. Le persone che danno il loro nome ai negozi molto grandi sono quelle di cui sono veramente geloso”. Non sarebbe poi così tanto strano se, nel momento in cui Andy Warhol scriveva queste parole, avesse avuto in mente Elio Fiorucci. Del resto è la vetrina del Fiorucci store di New York, sulla 59esima strada, che Warhol sceglie per autografare le copie della rivista Interview insieme a Truman Capote. Ed è con Elio Fiorucci che è stato immortalato all’interno del club Studio 54. Erano gli anni Settanta ed Elio Fiorucci con la sua energia, il suo entusiasmo e la sua voglia di vivere aveva esportato, da Milano, il suo nome e i suoi negozi in tutto il mondo. Enzo Biagi nel 1976 lo defiva “L’uomo che ha distrutto la moda” perché per primo aveva sostituito il rigido formalismo con una ventata di freschezza e divertimento. E restituito alle persone la facoltà di scegliere il proprio stile, giocando con il colore e la sensualità. Da allora sono trascorsi trent’anni, il marchio Fiorucci è passato di mano, ed è nato un nuovo brand, Love Therapy, a ribadire l’ottimismo che da sempre contraddistingue questo stilista, designer, talent scout, imprenditore e comunicatore.
Qual è la definizione che più si adatta a Elio Fiorucci?Essendo molto curioso, spesso mi sono dedicato ad ambiti differenti. Mi sono occupato anche di produzioni cinematografiche, ho prodotto in società con la Cineriz America “New York Beat, un film del 1981 come regista Edo Bertoglio al tempo giovanissimo talento con la collaborazione di Maripol, come protagonista l’artista Jean Michel Basquiat. L’opera fu smarrita e poi ritrovata, nel 2000 è stata proposta al Festival di Cannes con il titolo Down Town 81 (Fiorucci è anche stato attore: interpreta il ruolo di se stesso nella pellicola Studio 54 del 1998, ndr). Forse la definizione che meglio mi si adatta è quella di ricercatore del nuovo.
In un’intervista di qualche tempo fa ha affermato: «La moda in realtà non è altro che la ricerca della soddisfazione dei bisogni che sono inconsci dentro di noi». In quest’ultimo anno ha sviluppato un progetto di “mass fashion” con Oviesse. Questo significa che le persone hanno prima di tutto bisogno di una moda accessibile?La moda non può più essere intesa come un bene di elite, destinato a poche persone. L’eleganza non si può limitare a pochi, ma deve essere a disposizione di tutti coloro che abbiano buongusto. In ragione di ciò le catene di distribuzione hanno intrapreso un processo di evoluzione con l’obiettivo finale di offrire prodotti a basso prezzo che abbiano un contenuto non solo di moda, perché la moda può essere temporanea, ma di buon gusto e di qualità. Be Curios e Baby Angel, il progetto che sto sviluppando con Oviesse mi sembra che raggiunga entrambi questi obiettivi: prodotti di qualità a prezzi molto contenuti.
Recentemente ha affermato: «Voglio tornare alle origini, è questo che mi dà gioia», riferendosi allo stile hippy.È giunto il momento di riappropriarsi della moda e non subirla più. Oggi la moda non si crea negli atelier, ma in India, in Thailandia o a Bali e si nutre delle opere meravigliose di piccoli laboratori creativi, artigianali e di prodotti etnici. In questo senso essere hippy significa togliere la divisa obbligatoria della moda industriale e diventare un po’ più individualisti: l’hippysmo è basato sull’idea che si possano realizzare da soli i propri abiti, trasformarli oppure assemblarli come più ci piace. Tutto ciò che ho prodotto recentemente in questa ottica ha avuto un grande successo.
Spesso gli stilisti traggono ispirazione da stili del passato. La moda è fatta di corsi e ricorsi storici, perché? Non c’è più nulla da inventare?In realtà nella moda convivono contemporaneamente più stili, il minimalismo con l’hippysmo. Nel corso del tempo sono stati fatti propri stimoli e spunti che appartenevano ad ambiti differenti. Quando mi chiedono dove si ispira la moda, rispondo sempre che non è lo stilista, ma la gente che determina lo stile. Perché le scarpe Nike e Adidas hanno avuto tanto successo? Perché sono funzionali perciò belle. Le persone – che sono molto, molto, più intelligenti di quanto normalmente si pensi – vogliono prodotti giusti e funzionali. Ciò la dice lunga sul fatto che chi guida il mondo fortunatamente non sono più i politici e gli ideologi, ma è la cultura cioè il pubblico con le sue scelte. Qualche giorno fa ho sentito un’affermazione bellissima: “Ogni volta che si entra in un supermercato è come entrare in una cabina elettorale”. Già comprando un prodotto si fa una scelta che è espressione della propria cultura, questa scelta ha un’influenza sul resto del mondo ed è la vera politica. La cabina elettorale può anche essere il nostro gesto di tutti i giorni, che ci impedisce di gettare il fazzolettino di carta per terra, ma ce lo fa gettare nell’apposito cestino.
Quindi lo stilista di successo è quello che si “lascia guidare” dalla gente?Penso proprio che sia così i più capaci sono proprio quelli che attingono maggiormente dalla strada. Chi ha più successo è chi si sforza di capire le persone, lo sostengo da sempre. Tra gli stilisti di oggi i più vivaci potrei citare – senza fare un torto a molti altri eccellentissimi stilisti italiani – Dolce e Gabbana perché sono riusciti a dare alla gente ciò che la gente vuole, ovvero capi e accessori senza seguire un preciso stile personale ma interpretando in anticipo le tendenze. I loro oggetti sono oggetti che il pubblico ama perchè rendono le persone più felici e più belle. Non c’è più ipocrisia, la moda è una corsa verso la felicità.
Spesso ha parlato di capi di abbigliamento, mobili e accessori come contenitori di emozioni. In che senso?Noi viviamo di emozioni. Siamo dei computer così sofisticati e possediamo la capacità emozionale e la capacità di sorprendere, e di gioire per una cosa bella. Ho visto persone ridere e sentirsi felici per qualcosa che indossavano, per un oggetto o un accessorio che osservavano. Il bello è dappertutto, non è solo nella moda, o nel design. A volte si producono anche cose orrende, mentre la natura fa cose splendide che ci danno un senso di pace, di benessere e di contatto con l’infinito. Sono un grande osservatore della natura, da cui ho tratto immagini semplici, ingenue ma allo stesso tempo spirituali, per il mio lavoro. Anche i nanetti simbolo del mio marchio Love Therapy sono un richiamo al bosco, che mi rilassa e mi permette di trovare nuova energia.
Che cosa significa Love Therapy?Vuol dire non avere paura perché nel momento in cui noi non abbiamo più paura iniziamo a voler bene. E vuol dire essere ottimisti perché se siamo ottimisti la vita diventa più facile. Love Therapy è un marchio fortunato perché appena lo pronunci tutte le persone lo condividono. Ora abbiamo all’orizzonte un grande progetto con il Gruppo Coin che lo prenderà in licenza e creerà un dipartimento ad hoc per Love Therapy che si occuperà della produzione e della distribuzione nei migliori negozi del Pianeta, un’operazione molto diversa dal core business di Coin. Mi affascina molto.
Lei ha visto nascere e affermarsi, in Italia e all’estero, i grandi nomi della moda italiana. Come è cambiato il ruolo dello stilista dagli anni ‘70 a oggi?I più famosi stilisti erano e sono persone di gusto. Ma parlare di stilisti per loro è riduttivo. Armani non è semplicemente uno stilista, è anche un grande imprenditore e nel tempo ha dimostrato di essere anche un grande finanziere. È bravo in tutto. Ecco perché è famoso nel mondo. Ho sviluppato un progetto con Oviesse e ho avuto la fortuna di conoscere l’amministratore delegato Stefano Beraldo, un uomo che ha origini professionali nella finanza, ha lavorato con il gruppo Benetton ed è stato amministratore delegato della De’ Longhi. Un giorno Beraldo è tornato da un viaggio di lavoro da Londra dove aveva comperato dei vestiti bellissimi – come quelli che avrei potuto scegliere io – chiedendomi cosa ne pensassi. Li aveva acquistati da TopShop. Così ho scoperto che quest’uomo che viene dall’alta finanza, ha un gusto da stilista e buon senso eccezionale. Quando una persona ha tutte queste qualità, che si tratti di uno stilista o di un amministratore delegato non conta nulla. Anche Beraldo potrebbe essere definito stilista perché il cambiamento di tutto il gruppo Coin è avvenuto anche per il suo buon gusto. La moda è oggi appannaggio delle persone che hanno sensibilità, distinguono il giusto dallo sbagliato e il bello dal brutto, ma soprattutto hanno buon senso.
In questo senso quali sono i nomi emergenti della moda italiana e internazionale?Per essere coerente con quanto detto non si può parlare di nuovi stilisti ma di grandi magazzini. Tra i nomi più interessanti ci sono Abercrombie & Fitch, che è nato come un grande magazzino dedicato agli appassionati di sport e oggi è diventato punto di riferimento per il luxury sport, American Eagle e Urban Outfitters, altri retailer con prodotti di gusto a prezzi bassi. Siamo a una svolta epocale. È cambiato il modo di intendere la moda: non c’è più la figura di uno stilista emergente ma piuttosto sono i team di persone valide a emergere e a dettare le tendenze. In questo senso il capo di un’azienda è un regista che coordina e aggrega persone creative, persone capaci di finanza, persone capaci di comunicare. Solo dall’incontro tra culture, stili e personalità differenti è possibile oggi creare un successo.
Da questa filosofia sono nate collaborazioni con artisti come Andy Warhol, Keith Haring e Jean Michel Basquiat e designer come Ettore Sottsass e Andrea Branzi.Forse per caso o forse per intuito il primo concerto di Madonna, che allora era solo una ragazzina, l’ho organizzato io allo Studio 54 per festeggiare il 15esimo compleanno della Fiorucci. Il secondo negozio Fiorucci di Milano, quello in via Torino, prevedeva addirittura uno spazio per le performance teatrali, per l’esposizione dell’arte. All’interno degli store facevamo ascoltare musica che importavamo dal Sud America, nessun altro aveva mai curato tanto questi particolari in Italia. All’inizio ingaggiavo dei giovani ragazzi e li mandavo in giro per il mondo per riportare a casa tutto ciò che vedevano che sembrava interessante, ora questa attività è una professione (il cool hunting, ndr). Ho lanciato molte iniziative che poi sono diventate progetti e che se fossero state gestite con criteri industriali forse avrebbero portato la Fiorucci a essere un colosso. Ma purtroppo nessuno è perfetto e non avevo capito che l’aspetto amministrativo, finanziario è fondamentale. Sono sempre stato un po’ ribelle per cui quando mi si diceva che una certa operazione non la si poteva fare perché il conto economico non lo permetteva, io andavo avanti se pensavo che fosse il futuro. Il mio amico Oliviero Toscani dice che essere troppo avanti è come essere troppo indietro e ha ragione.
In un’epoca di contestazioni sociali i suoi negozi hanno sempre rappresentato “una zona franca” – come li ha definiti Natalia Aspesi – riuscendo a sottrarsi a qualsiasi connotazione politica.Sono anarchico non nel senso politico del termine ma nel senso mio, perchè voglio decidere da solo arbitrariamente, non ho mai avuto una fede politica tutti i partiti politici esprimono concetti forse giusti ma nella realtà commettono molti errori. Ora guardiamo con infinito entusiasmo alle possibilità offerte da Internet. Abbiamo avuto la fortuna di assistere al più grande evento tecnologico da quando esiste l’uomo. Mai avremmo neppure potuto immaginare di poter comunicare da una parte all’altra del pianeta e di vederci in tempo reale. Credo nella comunicazione tra gli uomini come espressione della massima felicità, che ci permetterà di essere tutti uniti e tutti fratelli per cui penseremo alle guerre e agli stati come una specie di follia fortunatamente superata. Speriamo che accada presto.
In questi giorni il gruppo giapponese Edwin ha rilanciato il marchio Fiorucci, acquisito nel 1990. Che effetto le fa assistere al rilancio di un brand che porta il suo nome e che è frutto del suo immaginario e del suo stile?Da tempo Fiorucci è un’entità distinta da Elio Fiorucci. Mi piacerebbe tanto che loro fossero bravi e credessero nel brand Fiorucci, che è uno dei più amati e noti al mondo, a tal punto da prendere come art director un fuoriclasse, come per esempio Tom Ford. Se avessero questo coraggio io sarei l’uomo più felice del mondo. Sarebbe un vero peccato se non cogliessero questa occasione.
LE PASSIONI DI ELIO FIORUCCI | ||
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Squadra Ero tifoso del Torino, quello scomparso nella tragedia di Superga | Musica I cori, da quelli di montagna ai religiosi. E la fisarmonica | Luogo Mi dichiaro cittadino del mondo. Ma vorrei morire nel deserto |
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Elio Fiorucci