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Petrolio, infrastrutture e tlc: il doppio filo che lega Italia e Libia

Anas, Eni, Finmeccanica, Edison e molte altre: gli interessi delle nostre imprese nei confronti di Tripoli. Ma gli investimenti prendono anche la strada opposta

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C’è sicuramente il petrolio, ma gli interessi economici delle imprese italiane in Libia non si fermano qui e vanno dalle telecomunicazioni ai trasporti passando per le infrastrutture. Ma non solo: la stessa Libia mantiene solidi investimenti in aziende italiane di primo piano (es. Finmeccanica, Unicredit ed Eni). In pratica non è solo la vicinanza geografica (Roma e Tripoli distano circa mille chilometri in linea d’aria, un giorno e mezzo di viaggio in auto): Italia e Libia sono legate a un doppio filo che oltre a un passato comune, quando la Libia era una colonia italiana, riguarda anche il presente. Secondo la Camera di Commercio ItalAfrica, infatti, prima dell’inizio del conflitto le Pmi italiane stavano investendo per un ammontare di 60 milioni di dollari. Secondo un’analisi realizzata dall’Ansa, tra i principali player italiani presenti in Libia c’è sicuramente l’Eni. Il colosso energetico italiano è il primo operatore internazionale nell’estrazione di gas e petrolio; presente dal 1959 in Libia, ha sottoscritto con il governo Gheddafi accordi per il rinnovo delle concessioni fino al 2045. In campo energetico sono attive anche Saipem e Snam progetti (che fanno capo ad Eni), Edison e Tecnimont. Per quanto riguarda le infrastrutture sono diverse le aziende del nostro Paese con interessi attivi nel paese governato fino a poco tempo fa dal colonnello Gheddafi. Si va da Bonatti, Garboli-Conicos, Maltauro, La Trevi (che sta lavorando alla costruzione del nuovo Hotel Al Ghazala nel centro di Tripoli) a grandi gruppi come Anas, capofila del gruppo di imprese italiane che si sono aggiudicate la gara da 125,5 milioni di euro per il servizio di advisor in vista della realizzazione dell’autostrada costiera libica lunga 1.700 km. I lavori, che sono stati riservati a imprese italiane, valgono circa tre miliardi di dollari e riguardano l’intero tracciato. In corsa per la gara il colosso delle infrastrutture Impregilo che ha anche ottenuto in Libia contratti per un miliardo di euro per la costruzione di tre centri universitari, del nuovo centro congressi di Tripoli oltre ad altre infrastrutture fra Tripoli e Misurata.Per quanto riguarda il settore delle telecomunicazioni Sirti e la francese Alcatel avevano chiuso un contratto da 161 milioni di euro (di cui 68 per Sirti) per la realizzazioni di 7 mila km di cavi di fibre ottiche. La Prysmian Cables & Systems di Milano (ex Pirelli Cavi) ha ottenuto invece un contratto da 35 milioni di euro per la fornitura e posa di cavi a larga banda nella rete del Libya General Post and Telecommunications Company (Gptc).Di grande interesse anche il mercato dei trasporti con Finmeccanica che ha costituito con il fondo Lybian Africa Investment Portfolio una joint venture per una cooperazione nei settori dell’aerospazio, trasporti ed energia. La sua controllata Ansaldo Sts si era aggiudicata due contratti per la relazione delle ferrovie libiche del valore complessivo di 740 milioni di euro. La Agusta-Westland aveva ottenuto il contratto per la fornitura di 10 elicotteri con relativi corsi di formazione e assistenza post-vendita. La Alenia Alemacchi ha un contratto di tre milioni di euro per un programma di formazione e revisione dei sistemi di propulsioni su 12 aerei SF – 260. Un altro importante investitore è l’Iveco (gruppo Fiat) presenta con una società mista e un impianto di assemblaggio di veicoli industriali.

DALLA LIBIA ALL’ITALIAIn Italia la Libia è presente in Unicredit con la Central Bank of Lybia (azionista al 4,988%) e la Libyan Investment Authority (2,594%): insieme hanno una quota totale del 7,58%. Come tutte le partecipazioni libiche detenute in tutte le società europee, le quote sono state congelate dopo le sanzioni decise dall’Onu. Le partecipazioni libiche riguardano anche Finmeccanica (il fondo sovrano Lybian Investment Authority, braccio finanziario di Gheddafi, è al 2,01%) ed Eni (sotto al 2%), partner storico della Libia. Nel settore delle auto il fondo sovrano Lafico (Libyan Arab Foreign Investment Company) è presente in Fiat dove entrò per la prima volta nel 1976; ne uscì circa dieci anni dopo per poi rientrarvi con una partecipazione più modesta, nell’ordine del 2%, nel 2002. La Libia possiede investimenti anche nel settore delle Tlc con la Lybian Post, presieduta da Mohammad Muammar Gheddafi, all’interno di Retelit. La società libica ha rilevato il 14,8% nell’operatore di telecomunicazioni che ha vinto l’asta per il Wi-Max nelle regioni del Nord Italia. Infine lo sport dove la Libyan arab foreign investment company è ancora presente nel capitale della Juventus, con una quota del 7,5%.

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Da sinistra: il leader del Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt), Mustafa Abdul Jalil, al fianco del ministro degli esteri italiano, Franco Frattini