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Stipendi, carriera e livelli di stress. La fotografia della qualità del lavoro in Italia

I risultati dell’indagine longitudinale e pluriennale “Italian Lives”, promossa dal dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca

architecture-alternativo Credits: PeopleImages/iStockPhoto

Più della metà dei lavoratori italiani lamenta scarse prospettive di carriera e livelli di impegno fisico e di stress troppo elevati sul posto di lavoro. Mentre la maggioranza degli intervistati percepisce come abbastanza adeguati: retribuzione, orari, riconoscimento del merito e supporto relazionale. Emerge una qualità disuguale del lavoro italiano. Per le donne delle generazioni X e Millennials, l’ingresso nel mondo occupazionale avviene tre anni in ritardo rispetto ai maschi. E impiegano un mese in più a uscire dal primo episodio di disoccupazione.

Sono alcuni degli ultimi dati restituiti da Italian Lives (Ita.Li), l’indagine longitudinale e pluriennale quanti-qualitativa promossa dall’Istituto Iassc del dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca, che si basa su un campione di 5 mila famiglie, per un totale di 9 mila individui che appartengono a 280 Comuni di tutta Italia.

Dalle domande di Ita.Li dedicate alla qualità del lavoro, rivolte a circa 4 mila soggetti «emergono gli aspetti ritenuti meno attraenti che potrebbero essere all’origine del crescente mismatch tra domanda e offerta, ovvero di scelte di rifiuto, dimissioni e/o cambiamento da parte dei lavoratori”, ha spiegato Serafino Negrelli, docente dell’ateneo Milano-Bicocca e direttore dell’Istituto Iassc. “Il Bollettino Excelsior di settembre, realizzato da Unioncamere con Anpal riporta che dei 531 mila profili di offerte di lavoro, ben il 48 per cento resterà vacante».

Lavoro: scarse prospettive di carriera per la metà degli italiani

E così, dai dati raccolti si ricava che il 54,4% del campione ritiene scarse le prospettive di carriera. Il 56,2% ritiene che il lavoro lo impegni molto fisicamente e il 59,3% si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali. «Un dato confermato purtroppo da livelli ormai intollerabili di infortuni e morti», sottolinea Negrelli. Il 60% del campione concorda invece che la retribuzione sia adeguata, che il lavoro svolto abbia un adeguato riconoscimento, che gli orari di lavoro, al di là dei ritmi stressanti, si concilino abbastanza con gli impegni familiari e sociali e il 58,2 per cento degli intervistati sostiene di ricevere supporto e aiuto da colleghi e vertici.

Dalle analisi condotte sempre sui dati Ita.Li emerge, inoltre, un innalzamento progressivo dell’età di completamento degli studi e un conseguente ritardo dell’ingresso nel mercato del lavoro, della costituzione delle unioni matrimoniali e della genitorialità.

Il divario tra uomini e donne

In base ai risultati dello studio, le donne nelle generazioni più recenti, X e Millennial, studiano di più rispetto ai coetanei maschi ed entrano più tardi nel mercato del lavoro. Più nello specifico, le donne appartenenti alle ultime generazioni mostrano un’età mediana di ingresso nel mercato del lavoro che si attesta a 24 anni, tre anni in più rispetto ai coetanei uomini. Tale differenza di genere sarebbe da imputare alla persistenza di stereotipi, norme, modelli culturali e carenza di domanda di lavoro che penalizzano in primo luogo le donne nel Sud Italia. Va comunque sottolineato che nelle generazioni più recenti l’età mediana delle donne al Sud si è ridotta significativamente, segno di un profondo cambiamento culturale e di un allentamento della specializzazione dei ruoli di genere.

Anche in riferimento al fenomeno della disoccupazione si delinea un divario di genere: la durata mediana di fuoriuscita dal primo episodio di ricerca di lavoro è di un mese in più per le donne rispetto ai coetanei uomini. Il divario si attesta a due mesi per gli episodi di disoccupazione successivi al primo. La mobilità di lavoro cresce nel volgere delle coorti, segno che le traiettorie lavorative diventano più differenziate e incerte. Classe sociale e area geografica continuano ad essere importanti fattori di eterogeneità nel condizionare i tempi delle transizioni e i pattern di mobilità di lavoro e di carriera.