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Protagonisti

Gerry Scotty: il mio servizio pubblico

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Gerry Scotti nasce televisivamente il 4 giugno 1983: la rete era Canale 5, la trasmissione DeeJay Television. Un programma che sancì definitivamente il suo passaggio da “uomo di radio” a “uomo televisivo” e soprattutto a professionista Mediaset. Quaranta anni dopo, chiacchieriamo con Gerry Scotti a pochi giorni dai funerali di Silvio Berlusconi. Scotti è negli studi di Caduta libera, per la registrazione delle nuove puntate che saranno uno dei suoi impegni autunnali. Il presentatore non fa solo parte da tempo immemore della famiglia Mediaset, ma anche di quelle italiane, tanto da poter identificare in lui il vero volto del servizio pubblico di Cologno Monzese.

La sua storia è indissolubilmente legata ai quiz e ai game show (Passaparola, Chi vuol esser milionario?, The Money Drop, The Wall e, appunto, Caduta libera) e in particolare alla fascia del preserale, uno degli appuntamenti simbolo della tv generalista lineare e di quel concetto di visione condivisa che manca ancora allo streaming. Ma non c’è solo il preserale: Scotti è stato protagonista di tante prime serate di Canale 5, a partire dagli speciali di Chi vuol essere milionario?, format che lo fa entrare nel Guinness dei primati per il maggior numero di puntate presentate (per una di quelle coincidenze della vita, è pure conduttore del programma dedicato, Lo show dei record). C’è poi Io canto (che ritorna nella nuova stagione) e il lavoro di squadra, anzi con la squadra Mediaset, sul bancone di Striscia la notizia e come giurato di Tú sí que vales. Il curriculum sarebbe ancora più lungo (ci sono anche le esperienze attoriali), ma questo basta per ricordare – se mai fosse necessario – quanto la sua sia una presenza fissa nella vita di chiunque abbia mai acceso la Tv a casa.

E così, Gerry Scotti è oggi per tutti lo zio Gerry, appellativo usato nel 2005 per la sua edizione di Chi ha incastrato Peter Pan? e che oggi è diventato un marchio di fabbrica estesosi nella vasta prateria di internet. Non sono molti, infatti, i personaggi a poter vantare un plauso transgenerazionale come lui: protagonista di innumerevoli meme, Scotti ha saputo trasformare questa “connessione” in un ulteriore canale di contatto con il suo pubblico, quello più giovane. L’account @loziogerry conta su TikTok oltre 722 mila follower e 100 mila su Instagram (sono un milione quelli di @gerryscotti). E per una persona che rappresenta – si passi il termine – la “vecchia tv” non è poi così male. A maggior ragione perché è la dimostrazione di come un intrattenimento garbato e leggero abbia ancora molto da dire e da dare al pubblico. Viene da chiedersi, e anch’egli se lo è chiesto più volte, come mostra pure in questa intervista, a chi si possa passare il testimone, man mano che le abitudini di consumo tra vecchia e nuova generazione si allontanano sempre di più. Scotti è convinto che lo spazio ci sia e, anzi, proprio questa sua incursione tra i social media («timida, calcolata, ragionata, sempre un passo indietro piuttosto che avanti») ha anche tra i suoi obiettivi quello di trovare, consigliare e guidare, senza essere invasivo, chi avrebbe le potenzialità per farlo. Come farebbe, d’altro canto, uno zio.

Questa intervista avviene in un momento particolare per Mediaset, ma anche per lei, perché la morte di Silvio Berlusconi segna inevitabilmente un solco nella storia dell’azienda e nella sua carriera. Che sapore ha la ripresa dopo i giorni di stop e cosa comporta questo punto di svolta? Credo che i valori seminati dal fondatore di Mediaset dovranno essere quelli sui quali si costruirà anche la televisione del futuro. Mi rifaccio alle parole che il nostro amministratore delegato, Pier Silvio Berlusconi, ha rivolto ai dipendenti all’indomani del funerale: «Facciamo click e torniamo a essere un’azienda viva, piena di energia e forza, come è stata tutta la sua vita. Da domani torniamo a essere quello che siamo sempre stati». Quindi, quella realtà produttiva che ci ha distinto in questi anni dagli altri per volontà, fermezza e per investimenti, continuerà a esserci. Certo, non è un periodo bellissimo, ma – me lo lasci dire – è sicuramente una ripartenza. Anzi, spesso le ripartenze avvengono proprio dopo un evento traumatico: si ricomincia, quindi, facendo tesoro di tutto ciò che di buono ha caratterizzato gli anni precedenti.

Restiamo ancora un momento sull’azienda. Potremmo definire questa che si apre ora una terza fase per Mediaset: la prima è stata quella del fondatore, la seconda è stata quella di Pier Silvio e Silvio Berlusconi (anche se non a livello manageriale), mentre ora si apre – mi passi il termine, definitivamente – la fase di Pier Silvio Berlusconi. Cosa comporterà?
Ci saranno cambiamenti rispetto al passato? È una periodizzazione che mi trova d’accordo, anche se è doveroso ricordare, come ha fatto anche lei, che la “fase due” era già firmata da Pier Silvio. Però è altrettanto vero che si è concluso quel periodo nel corso del quale egli ha potuto confrontarsi con suo padre che, oltre a essere un grande venditore, è stato anche un grande consumatore di Tv. Si è trattato del parere di uno spettatore particolare, che ha immaginato, voluto e costruito la televisione. Ricordo che il presidente (lo chiamavo così, per una forma di affetto calcistico) commentava con me anche i miei programmi, quando ci sentivamo per gli auguri: significa che li seguiva con attenzione. Quindi, per tornare alla sua domanda, Pier Silvio – proprio in virtù del suo lungo periodo di militanza nell’azienda – ha oggi l’età e l’esperienza per sviluppare Mediaset e farla crescere ancora. Questa fase sarà decisamente sotto il suo nome.

(…)

Lei è nel Guinness dei primati per il maggior numero di puntate condotte di Chi vuol essere milionario?, format che continua a essere il più venduto al mondo. Come si spiega la forza di questo titolo?
Quello è stato “il muro di Berlino” della storia del quiz e della televisione. Ha una costruzione talmente precisa che resta ancora oggi un format validissimo. Al momento ci siamo presi una pausa proprio perché il difficile momento storico ed economico (fatto di risparmi per tutti) non permette di assecondare la promessa insita nel titolo, ovvero far diventare milionari. Ma nulla esclude che, non appena si riesca a trovare uno sponsor adatto o la giusta idea che dia la svolta, non possa tornare anche da noi.

Lei è uno dei pochi a essere stato da sempre e “solo” un uomo Mediaset: se Amadeus le chiedesse di partecipare a una serata di Sanremo sarebbe disponibile per un’incursione in Rai? Sarebbe anche una rimpatriata tra ex dj…
A dire il vero mi è stato chiesto, ma sono stato costretto a declinare, una volta per problemi di salute e un’altra per impegni lavorativi (ero a Varsavia per registrare il Milionario). Chissà che non ci sia un’altra occasione. Devo dire che, in questa edizione, che ha in qualche modo celebrato gli anni 90, sarei stato perfetto.

Questo mi fa venire in mente una sua dichiarazione rilasciata a Verissimo: «La mia generazione ha visto nascere tutto quello di cui si avrebbe avuto nostalgia negli anni a venire». Questo è il momento degli anni 90, ma l’effetto revival impazza un po’ ovunque. Cosa ne pensa?
Me lo lasci dire: quelli della mia età hanno vissuto dei grandi anni e una grande realtà, che ha prodotto cose immortali, nella musica, nella moda, nel design. Penso che ci sia sempre la speranza che il futuro sia migliore del passato che abbiamo vissuto, ma mi sento di citare una battuta non mia: il meglio è passato. Mi fa però piacere quell’idea di riutilizzo e di riappropriazione di questo momento storico: significa che è stato lasciato non un segno, ma un solco, un letto nel quale far scorrere l’acqua. Pensiamo anche alla nostra televisione: i vari Mike Bongiorno, Corrado, Pippo Baudo hanno creato qualcosa che non c’era fino a quel momento, sono entrati nelle nostre case e hanno portato ciò che loro avevano vissuto. Ecco, la mia generazione ha avuto la fortuna di portare tante altre cose nelle case degli italiani.


L’intervista a Gerry Scotti continua su mensile Tivù di luglio-agosto