Gusto
Locanda Radici: un nuovo modello di ristorazione
È quello proposto dallo chef Angelo D’Amico e da suo fratello Giuseppe a pochi chilometri da Benevento
Giuseppe D’Amico, laureato in ingegneria energetica, ha sviluppato un vero e proprio modello matematico-analitico per valutare l’impatto ambientale di ogni ricetta proposta alla Locanda Radici, nel Sannio. Risparmio energetico ed emissioni di CO2 vengono monitorati dalla produzione della materia prima fino alla sua trasformazione in cucina, dove il fratello Angelo opera in maniera attenta e rispettosa dell’ecosistema locale e globale. Così il cliente viene chiamato a confrontarsi con questo tema già a partire dal menu, dove i piatti sono contrassegnati da un simbolo diverso a seconda del loro impatto.
Alzatosi dalla vostra tavola, secondo voi in che misura il cliente segue la stessa filosofia nella spesa e nella cucina di tutti i giorni?
I nostri clienti mostrano grande curiosità, chiedendo di approfondire il metodo sviluppato e il significato dei simboli presenti sul menu, oltre a informazioni sulle aziende produttrici di cui ci serviamo. Pensiamo che questo sia un passo importante per fare in modo che alla nostra tavola si sviluppi nella clientela una nuova e più profonda coscienza ecologica ed ambientalista, ma naturalmente è poi importante che questa consapevolezza prosegua anche tra le mura domestiche. Nel nostro piccolo, cerchiamo di far capire come qualunque alimento si scelga, non solo debba rispettare il valore supremo della qualità organolettica, ma anche rispondere a determinanti parametri di rispetto dell’ambiente.
Come valorizzate da Locanda Radici l’agnello Laticauda, allevato nelle campagne del Sannio allo stato semi-brado, il burro e il prosciutto di Pietraroja?
L’agnello Laticauda, allevato esclusivamente nell’alto Sannio, è diventato il simbolo della nostra proposta ristorativa. In questo piatto si fondono il carré arrosto alla lavanda, la pancia a lenta cottura e la polpetta di spalla con menta e il pecorino (quando è disponibile serviamo poi anche la coratella a completamento del piatto): tre diverse preparazioni per tre parti distinte dell’agnello, dove ogni taglio racconta un frammento identitario della storia del territorio, lavorandolo così nella sua interezza. Il burro di “latte nobile” è per noi un ingrediente fondamentale, ma lo serviamo anche al naturale insieme al pane e ai grissini fatti in casa, in modo da poterne apprezzare tutto il sapore autentico. Infine, il prosciutto di Pietraroja, stagionato in montagna a 900 metri sul livello del mare, da filiera chiusa, è nel nostro menu tra i piatti del cuore. È uno dei simboli del nostro territorio e il suo aroma delicato lo rende perfetto per essere degustato al naturale. Lo utilizziamo però anche come ingrediente per alcune preparazioni, come la faraona con crocchetta di coscia con nocciole e tartufo nero.
Nel campo della sostenibilità i concetti di riciclo e circolarità sono centrali, come li interpretate?
Spesso le parti di animale che non vengono utilizzate in cucina vengono buttate. Invece, come ci insegna la cucina popolare, è importante riutilizzare anche quello che definiamo scarto. Ne è un esempio il modo il nostro agnello Laticauda.
Il settore enologico è probabilmente un po’ più indietro rispetto alla cucina, perché il vino viaggia in bottiglia e spesso per molti chilometri prima di essere consumato: quali sono i vini del Sannio che funzionano meglio con le ricette di Locanda Radici?
Se si amano le bollicine, per gli antipasti si possono scegliere vitigni storici come l’Agostinella o l’Asprinio, nella sua versione spumantizzata. Per la loro freschezza questi vini sono ideali per accompagnare ricette a base di verdure, carne e pesce. In abbinamento ai primi o ai secondi di pesce si presta bene la Falanghina, mentre per i secondi di carne e selvaggina come l’agnello, la faraona o la vitella si possono scegliere nettari strutturati e corposi come l’Aglianico e il Piedirosso, o il seducente Camaiola.