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L’innovazione che conta

Le reti d’impresa decollano e sono più di 230 gli imprenditori coinvolti. Numeri destinati a crescere rapidamente, grazie anche agli sgravi fiscali. E non è che l’inizio… Parlano Bernhard Scholz (Cdo) e Raffaello Vignali (Consigliere Pmi ministero Sviluppo economico)

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Promuovere l’aggregazione d’impresa. Nella convinzione che, marciando uniti, si possano avere molte più chance di vincere su mercati sempre più ampi e complessi. E saranno gli incentivi regionali o l’appeal delle agevolazioni fiscali (gli aiuti sono prenotabili dal 2 al 23 di questo mese), o forse anche la sicurezza dell’imprimatur europeo alla regolarità dell’operazione. Fatto sta che le reti d’impresa cominciano a decollare: dai 13 contratti siglati a fine gennaio, se ne contavano 41 registrati alle Camere di commercio a metà aprile, con oltre 230 imprese coinvolte. Numeri destinati a crescere visto che più di una ventina di intese sono in dirittura d’arrivo.

UN PASSO INDIETROIl Contratto di rete, istituito nel 2009 dal Decreto Incentivi, costituisce un nuovo step del percorso evolutivo del nostro modello di sviluppo, iniziato oltre quarant’anni fa con i distretti industriali, e coinvolge i settori più disparati: dal risparmio energetico alle rinnovabili, dall’automotive al tessile, dal farmaceutico alla meccanica fino ai servizi alle imprese. Le reti sono aggregazioni funzionali tra imprese, che si uniscono per innovare, per affrontare i mercati internazionali, per avere un credito maggiore e migliore dalle banche, per costituire un gruppo d’acquisto, per acquisire capitale umano qualificato e quant’altro un imprenditore dotato di creatività e coraggio possa immaginare. In poche parole: l’innovazione che conta non si fa più da soli. È troppo complessa, troppo impegnativa e troppo rischiosa affinché la singola impresa, per quanto grande e brava, possa affrontarla con le sue forze. È invece possibile mobilitando alleati e risorse esterne in aggiunta alle proprie. «Le reti», afferma l’onorevole Raffaello Vignali, consigliere per le politiche delle piccole e medie imprese del ministero per lo Sviluppo economico, «sono una via, tutta italiana, per rispondere alla sfida dimensionale che la globalizzazione impone. I nostri imprenditori non vogliono fondersi e non aspirano a fare i manager. E senza dubbio la forma della rete è la modalità che meglio si addice alla struttura imprenditoriale di questo Paese, costituito, si sa, per il 95% da Pmi».

COME METTERSI IN RETE?L’aggregazione insomma genera valore aggiunto difficile da raggiungere da soli e citando G.K. Chesterton “Uno più uno non fa due, ma duemila volte uno”. Ma come si crea una rete? Per costituire una rete d’impresa si può stipulare un contratto, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata e si può prevedere l’istituzione (non obbligatoria) di un fondo comune patrimoniale. Gli utili d’impresa reinvestiti nel fondo patrimoniale o nel conseguimento del programma di rete godono di defiscalizzazione. Viene mantenuta l’indipendenza di ogni azienda partecipante, mettendo in comune informazioni e servizi e condividendo le strategie e gli obiettivi. Ma come sottolinea Bernhard Scholz, presidente di Cdo: «Tutto parte dalla persona, dall’imprenditore e dalle sue mosse per far fronte alle sfide. La rete è un’opportunità per rispondere meglio ad un bisogno concreto dell’impresa. Questo può accadere a vari livelli, il primo dei quali è la semplice ma fondamentale condivisione delle conoscenze, ma può andare ben oltre». Quello che serve, però, al di là del contratto, è una cambio sostanziale di coscienza: «Implica», dice Scholz, «la capacità di adottare una modalità di lavoro alternativa all’individualismo, dalla quale si generano inaspettatamente opportunità di cambiamento. In questo caso, la rete è già un’ancora di salvezza per centinaia di aziende che ne stanno scoprendo le potenzialità». Tanto che, «partendo dal “prossimo”, cioè quello più vicino, a cominciare dal fornitore o dal cliente, si arriva in alcuni casi anche al proprio competitor, perché, sostiene Vignali «si può anche fare alleanza insieme per sfidare nuovi mercati. Si può concorrere (correre insieme) per competere». L’esperienza insegna inoltre che non tutti mostrano lo stesso impegno per far progredire la rete e che occorre un soggetto “trainante” molto determinato, un protagonista che se ne assuma per un certo periodo e più di altri la responsabilità. Un leader, quindi, ovvero qualcuno che creda così tanto nel progetto da sacrificare qualche proprio interesse a favore di quelli comuni. «È l’affermarsi», spiega Vignali, «di una cultura non darwiniana, ma collaborativa, che è la cultura del nostro sistema produttivo. Non dobbiamo dimenticare come questa cultura della rete abbia costituito il miracolo dentro il miracolo italiano: siamo diventati, dal nulla, una delle maggiori economie industriali del mondo con imprese che hanno in media meno di dieci addetti».

I VANTAGGI FISCALIDal 2 al 23 maggio, ecco il primo appuntamento con le agevolazioni fiscali per i contratti di rete. Ogni imprenditore in rete accede all’incentivo fiscale (riducendo il proprio reddito da tassare fino a un massimo di un milione di euro), mandando al centro operativo di Pescara la comunicazione dei dati necessari alla fruizione del beneficio. L’amministrazione finanziaria determinerà l’ammontare del bonus assegnato. A disposizione delle imprese che aderiscono ai contratti di rete (a metà aprile ne erano stati attivati 41 con oltre 230 imprenditori) ci sono a disposizione complessivamente 48 milioni di euro (20 per l’anno d’imposta 2011, 14 per il 2012 e altrettanti per il 2013). La comunicazione per ottenere l’agevolazione fiscale dovrà essere inviata, come detto, dal 2 al 23 maggio 2011, 2012 e 2013 in relazione ai tre periodi d’imposta in corso in cui saranno operativi i benefici. Ai programmi di rete sono ammesse anche le imprese in contabilità semplificata. Di particolare rilievo anche i chiarimenti sulle voci che possono essere ritenute agevolabili. Ci sono i costi sostenuti per l’acquisto o l’utilizzo di beni e servizi, nonché per l’impiego del proprio personale. Dunque, entrano a far parte degli investimenti anche i «costi figurativi relativi all’effettivo impiego di detti beni, servizi e personale per la realizzazione degli investimenti. «Le risorse non sono molte» – spiega Vignali, «ma gli obiettivi sono chiari. I vantaggi fiscali introdotti mirano a rendere effettivamente conveniente per l’impresa dare attuazione a programmi di rete. Ma c’è di più. Nel riordino degli incentivi in corso al ministero dello Sviluppo economico si prevede una premialità per le reti. Nello Statuto delle Imprese è prevista una priorità negli appalti per le reti. Sicuramente le policies andranno sempre più nella direzione del sostegno alle reti. Speriamo anche che il sostegno attraverso la leva fiscale trovi più risorse nella riforma allo studio da parte del ministro Tremonti».

POSSIBILITÀ INESPLORATELa formula piace proprio perché punta a rimediare all’eccessiva polverizzazione del tessuto produttivo italiano, senza compromettere l’irrinunciabile desiderio d’indipendenza dei piccoli imprenditori. E le potenzialità sono enormi, dal raggiungimento di economie di scala, alla suddivisione del rischio, dalla condivisione del know-how, alla capacità distributiva. Perché più ci si conosce, dice Vignali, «più ci si fida l’uno dell’altro, più si scoprono sinergie possibili. Potenzialità enormi quindi e quasi del tutto inesplorate dalle imprese italiane. Così può succedere che un’azienda della Brianza adatti le canne fumarie delle villette in cui è specializzata ai tunnel per la biancheria dei grattacieli di Dubai, diventando poi un punto di riferimento per gli operatori del Quatar che ricercano l’eccellenza italiana, creando opportunità anche per altre imprese. Oppure che un piccolo produttore italiano riceva un ordinativo superiore alle sue capacità da un colosso straniero e quindi sia così intelligente da rivolgersi a una rete per trovare un partner adeguato e non farsi sfuggire l’occasione. «La necessità di superare», sostiene Scholz, «l’annoso tema dei limiti dimensionali delle nostre imprese può trovare nella rete uno strumento agile, elastico e utile in quanto permette di abbassare la soglia delle difficoltà normalmente incontrate nei processi di aggregazione tra imprese». La rete potrebbe quindi facilitare i nostri spingendoli a percorrere strade fino ad oggi impensate, conclude Scholz, «come affrontare mercati lontani e complessi, offrirsi per forniture maggiori delle proprie capacità produttive, fare ricerca integrando tecnologie proprie con quelle di altre imprese, coinvolgere gli Istituti di Credito nello sviluppo dei loro progetti».

RETI DI SUCCESSOEsempio di rete che modernizza il distretto è il Consorzio Premax (www.premax.it). Premax, fondata nel 1974, raggruppa 40 aziende più altre 20 in fase di associazione, con oltre 350 addetti, specializzate nella produzione di forbici, cesoie, coltelli ed altri articoli da taglio e da regalo. «Nostro obiettivo», afferma Giovanni Gianola, direttore generale, «oggi, grazie al contratto di rete, è spingere ancora di più sull’internazionalizzazione. Puntiamo a coinvolgere filiere diverse e collaterali. L’impegno è totale, ed è la nostra grande chance. Se riusciamo a farlo, abbiamo aperto una strada valida per i prossimi 10-20 anni». PIB, Progetto Innovazione per il Business, riunisce sette artigiani del lecchese appartenenti a settori diversi che, insieme, sono riusciti ad ottenere un finanziamento di 460 mila euro, di cui il 50% dalla Regione, per progetti innovativi, e hanno creato (e stanno commercializzando) una lampada a led per esterni, con funzioni di auto pulizia (per evitare i costi di manutenzione) e impatto ambientale zero. Primo contratto di rete siglato in Italia è la compagine Energy4life, promossa da Ici Caldaie insieme con Esco Europe, Forgreen e Linz Electric per sviluppare e commercializzare, con un marchio comune, tecnologie e soluzioni per il risparmio energetico. Un altro caso è il consorzio Pol.Me.C, che ha permesso a venti aziende della meccanica nella zona del castelleonese di costruire una rete commerciale comune, raccogliendo ordinativi e creando occupazione.

CREARETE raggruppa quattro imprese marchigiane, MPA (consulenza legale), Nautes (web agency), PressCom (comunicazione) e Tradefin (finanziamenti e progetti europei). Con tra gli obiettivi anche quello di aiutare altre aziende che vogliono accedere al contratto di rete, attraverso servizi, di consulenza societaria e legale anche internazionale, campagne di comunicazione, e-commerce.