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Roger Federer: non si vince da soli
Alzi la mano chi l’ha mai visto così raggiante durante la sua lunga carriera da icona del tennis… E chi non lo sarebbe se, come l’otto volte re di Wimbledon, avesse battuto ogni record tornando anche numero 1 al mondo
Il re è tornato. Lunga vita al re. A 36 anni e 6 mesi compiuti, Roger Federer, per classe e tecnica uno dei migliori tennisti di sempre, ha appena conquistato il suo 97esimo titolo in carriera nella finale del torneo di Rotterdam (battuto con un doppio 6-2 il rivale Grigor Dimitrov) tornando al primo posto della classifica Atp. Per celebrare lo storico successo, vi proponiamo la copertina dedicata al tennista numero uno al mondo e pubblicata all’indomani dell’ottavo successo – senza precedenti –a Wimbledon.
Roger Federer sta ancora festeggiando il suo ottavo – e senza precedenti – trionfo a Wimbledon. Il campione svizzero ha stracciato Marin Cilic, senza concedergli nemmeno un set, per mettere le mani su questo prestigioso trofeo dorato e scrivere una pagina gloriosa della storia del tennis. Il duca e la duchessa di Cambridge – che indossava un abito a fiori di Catherine Walker – hanno assistito alla partita dal Royal Box del Campo Centrale. Ma anche diverse celebrità erano presenti all’evento, comprese stelle di Hollywood come Uma Thurman, Eddi Redmayne, Sienna Miller e Andrew Garfield. Nel box del giocatore erano presenti la moglie di Roger, Mirka, e i quattro figli della coppia: Charlene, Myla, Lenny e Leo.
Dopo la sua vittoria, Roger – che si era preso sei mesi sabbatici dopo aver perso la semifinale di Wimbledon lo scorso anno – ha affermato: «Ho lavorato molto duramente e questo mi ha ripagato». Ha anche parlato del sostegno ricevuto da sua moglie e dalla famiglia, delle sue ambizioni per il futuro e di cosa, secondo lui, lo ha reso uno dei tennisti più vincenti di sempre…
Prima di tutto, congratulazioni per aver vinto il suo ottavo titolo a Wimbledon. Quando, nel 2001, sconfisse per la prima volta il suo idolo Pete Sampras, avrebbe mai immaginato di raggiungere un simile traguardo? Ovviamente no, non pensavo che avrei ottenuto tanto successo dopo aver battuto qui Pete (Sampras, ndr). Speravo di avere la possibilità, magari un giorno, di competere in una finale di Wimbledon e avere così la chance di vincere il torneo. Secondo me, otto vittorie rappresentano qualcosa che non puoi nemmeno sognare, e se lo fai, non lo so, devi avere un enorme talento e genitori e allenatori che ti spronano da quando hai tre anni, considerandoti più che altro come un progetto. Non sono stato quel tipo di bambino. Sono stato un ragazzo normale, cresciuto a Basilea con la speranza di fare carriera come tennista. E ritenevo che immaginandolo, credendoci e sperando con tutto me stesso forse ce l’avrei fatta, avrei trasformato il sogno in realtà. Ho lavorato molto duramente e questo mi ha ripagato.
Lo scorso anno, dopo aver abbandonato il torneo alle semifinali ed essersi preso del tempo per stare lontano dal tennis, avrebbe mai creduto di riuscire a tornare e vincere? In tutta sincerità ero convinto che dipendesse tutto dalle mie condizioni fisiche. Il problema non era la competizione in sé, ma come avrei dovuto giocare una volta tornato a Wimbledon quest’anno. Era solo questione di preparami bene fisicamente, in modo da poter competere con i migliori e giocare per sette volte cinque set: questo era il mio obiettivo, e posso dire di averlo raggiunto. Così, quando mi sono presentato a Wimbledon, in realtà ero già molto felice.
La sua intenzione è di tornare qui nel 2018 o di finire questa stagione e decidere se impegnarsi un altro anno intero nel Tour? A dire il vero, visto com’è andata lo scorso anno, in linea di massima ragiono con un anno in anticipo con in mano la mia tabella di marcia, il piano di preparazione fisica e i tornei che vorrei giocare. Per questo l’anno prossimo, in questo periodo, mi vedo senz’altro qui a gareggiare, ma parliamo di un futuro lontano e, tenendo conto di quanto mi è capitato l’anno scorso, sono semplicemente contento di avere la possibilità di ringraziare i miei tifosi e far loro capire che, sì, spero di tornare, ma che non ci sono garanzie, soprattutto a 35-36 anni. L’obiettivo è sicuramente di essere di nuovo qui, per provare a ripetere questo successo e difendere il titolo.
Ha sempre affermato di non preoccuparsi dei record, che non è questo a motivarla… Oddio, non ho proprio detto che non mi interessano! (ride) Ho detto che erano una grande motivazione extra. E lo sono.
C’è qualcosa di particolarmente speciale nell’aver conquistato l’ottavo successo a Wimbledon, proprio dove ha ottenuto il suo primo trofeo, e raggiungendo un traguardo che nessuno ha mai raggiunto nel campionato maschile?Sicuramente sì. Wimbledon è sempre stato il mio torneo preferito e lo sarà sempre. I miei idoli hanno camminato questo suolo e gareggiato su questi campi, e ritengo di essere diventato un giocatore migliore anche grazie a loro. Per questo scrivere la storia qui a Wimbledon significa davvero molto per me. È semplice. È anche piuttosto divertente. Non ho pensato molto a questo record durante la giornata o durante la consegna del trofeo: ero solo felice di essere riuscito a vincere, perché questo successo è arrivato alla fine di un lungo viaggio, entusiasmante e a volte difficile, ma è così che dovrebbe essere. Per questo essere campione di Wimbledon per un anno intero è qualcosa che adesso non vedo l’ora di assaporare e, semplicemente, godermi. È stato “super speciale” e il numero otto per me vuol dire ovviamente molto, perché far parte della storia di Wimbledon fino a questo punto è davvero straordinario.
Ora riconsidererà i suoi obiettivi diversamente? Non proprio. Ho sempre avuto l’intenzione di giocare di più nella seconda parte della stagione. Non rinuncerò a delle tappe per intero, non ho intenzione di saltare l’Asia o l’American tour o i tornei indoor europei. Ho sempre puntato a giocare più partite possibili. Penso di rimanere fedele a questo proposito. Ora dobbiamo metterci a tavolino e decidere cosa abbiamo intenzione di fare o non fare con il Canada, ma in linea di massima giocherò senz’altro a Cincinnati, all’Us Open e a Shangai e, successivamente, tornerò per i tornei indoor. Questo è il programma per il momento.
Credeva di poter conquistare un altro trofeo del Grande Slam?Ci credevo e, come può immaginare, per me è stato altrettanto importante che ci credesse anche il mio team. Non sono stato io a trascinare il team, il più delle volte sono stato io ad aver avuto bisogno di essere spinto dalla squadra, perché è in queste piccole cose che il team può fare la differenza. Nei momenti in cui, magari, dubiti di te stesso, ti rassicurano, se ti senti troppo forte, si assicurano che torni con i piedi per terra e ti rimettono al tuo posto. È per questi aspetti che penso di avere uno splendido team e a ognuno di loro ho chiesto sinceramente se pensavano che sarei stato ancora in grado di vincere dei major, se sarei stato capace di vincere i più grandi tornei o se avrei potuto vincere regolarmente contro i migliori. In sostanza, la loro risposta è stata sempre la stessa: se sei al 100% della tua condizione fisica, se sei ben preparato e desideri con tutto te stesso giocare, tutto è possibile. Ma hanno aggiunto che se queste componenti non avessero funzionato, sarebbe stato estremamente difficile. E così è stato: avevamo tutti ragione, ho creduto in loro e avevamo la stessa sensazione. È per questo che ritengo che la pausa dello scorso anno sia stata davvero necessaria per riconsiderare le mie possibilità e rimettermi in forma al 100%.
Perché crede di avere avuto tanto successo nella sua carriera? Quali capacità fisiche e mentali servono per raggiungere tali risultati? Penso che a questo livello sia davvero questione di costanza, di non mancare mai appuntamenti importanti. Sono sempre stato un giocatore da grandi tornei. Ho sempre dato il meglio di me sui campi più importanti. A essere sinceri, ho avuto difficoltà sul Campo 18 perché, non so per quale ragione, semplicemente mi rendevo conto di non colpire bene come sul Campo Centrale. Per questo, per me, è sempre meglio incontrare i giocatori più forti in occasione delle partite più importanti. Mi sono sentito come se avessi sognato in grande come un ragazzino, come se fossero state possibili cose che altri ritenevano irraggiungibili. Questo mi ha aiutato. E penso, inoltre, di essermi allenato duramente, molto bene e in modo intelligente nel corso degli anni. Guardando ai miei allenatori, dal primo fino a quelli di oggi, e facendo lo stesso con la preparazione atletica, penso di aver avuto accanto le persone giuste in ogni passo della mia carriera. Accanto a me ho delle persone fantastiche. Mia moglie, i miei genitori, che mi hanno sempre tenuto con i piedi per terra e fatto rimanere la persona che sono ancora oggi. E poi sì, credo di essere stato benedetto da una buona dose di talento per questo gioco, ma ho anche dovuto lavorare duro per averlo. Alla fine è solo il talento che ti porta così lontano.
Ha sempre avuto standard molto alti e ha detto che a 15 anni avrebbe dovuto essere in grado di giocare la partita perfetta, obiettivo che è quasi impossibile da raggiungere… Sicuramente non a 15! E nemmeno a 35, quindi…
Ma parliamo di cosa è successo quest’anno e in questo torneo dove non ha perso nemmeno un set. È un livello di eccellenza semplicemente incredibile. Onestamente, sono incredibilmente sorpreso di come mi senta bene ora, di come è andata sul campo, di come sto gestendo situazioni difficili quando il mio livello di gioco cambia di giorno in giorno. Sono sorpreso che sia così buono. Sapevo che avrei potuto fare grandi cose un giorno, ma non a questo livello. E penso che anche lei si sarebbe messo a ridere se le avessi detto che quest’anno avrei vinto due Slam. La gente non mi avrebbe creduto se lo avessi detto. E anche io non avrei mai creduto che avrei vinto due volte quest’anno, e invece sì, è incredibile. Non so per quanto possa durare ancora. Non ne ho idea, ma mi devo sempre ricordare che la salute viene prima di tutto a questo punto e che, se le faccio, forse cose che non ritenevo possibili in realtà lo sono.
Ha appena compiuto 36 anni… Grazie per avermelo ricordato! (ride) Va tutto bene. Non c’è problema.
Come ha già detto, salute permettendo, è possibile che a 40 anni starà ancora gareggiando a Wimbledon? Facile a dirsi! Salute permettendo e, come si dice, se tutto andrà bene, e se solo ci si potesse prendere prima una pausa di 300 giorni per prepararsi solo per Wimbledon, mettersi in un freezer, uscirne per allenarsi un po’ e sapere che non avrai infortuni. Be’, essere a Wimbledon e vincere Wimbledon sono inoltre due cose diverse, non dimentichiamolo… E il problema di non giocare è anche che corri un rischio, in una certa misura, per la tua salute, perché i match sono il vero metro di misura. Puoi allenarti quanto vuoi e sentirti benissimo. Ma quando entrano in gioco la pressione della gara e l’ansia che ti prende allo stomaco, tutto quello che avviene prima di un match… ecco, tutto questo non puoi ricrearlo in allenamento e non sai come il tuo corpo reagirà a quel tipo di pressione. Per questa ragione bisogna sempre trovare il giusto equilibrio tra allenamento, gare e riposo. Quindi, a un certo punto devi giocare un numero minimo di partite, altrimenti non avrai più successo. Sarà interessante, andando avanti, capire se e come sarò in grado di gestire tale equilibrio.
L’atmosfera di questa finale è stata un po’ strana a causa delle difficoltà di Marin? Ha cambiato il suo gioco o la sua strategia alla luce di quanto stava succedendo dall’altra parte della rete? Non lo so dire ora e, onestamente, non sapevo quale fosse il problema, quindi non so se fosse in difficoltà nel dritto o nel rovescio. Perché stava servendo alla grande e ha sempre servito e colpito (di volée), quindi credo che quel movimento non fosse il suo problema principale. Quando ha chiamato il dottore, in un primo momento ho pensato che avesse le vertigini o qualcosa del genere. Non sapere di cosa si trattasse ha reso in realtà le cose più facili. Se l’avessi visto zoppicare o bloccarsi dolorante, avrei potuto pensare, ok, gli lancio una palla corta per metterlo alla prova (ride). Perché è quello che bisognerebbe fare: colpirlo dove è già “ferito”. Invece, non potendo saperlo o indovinarlo, come detto prima, mi sono focalizzato sul mio gioco, sulla mia partita e sono andato avanti. La cosa bella è che ero già in testa. Però è vero, l’atmosfera non è stata certamente un thriller da cinque set tale per cui la gente si aspettasse un match più teso. Lo capisco, ma ci sono passato anche io e sono contento che oggi sia andata diversamente. (ride)
Infine, cosa la spinge ad andare avanti e quale sarebbe in suo consiglio a Andy Murray per riposarsi un po’ di più? Be’ vede, lui è più giovane e sono sicuro che ha un diverso regime di preparazione. Questo non significa che si alleni più o meno di me, ma solo diversamente, ha avuto un’educazione diversa, è tutto diverso. E non significa che se io mi prendo una pausa tutti debbano farlo. A essere onesti, alcuni giocatori hanno solo bisogno di continuare a giocare, e farlo tutti i giorni, altrimenti sentono di perdere completamente la connessione con la racchetta e la palla, e che il corpo va in tilt. Perciò penso che solo lui e il suo team sappiano cosa sia meglio. Non posso dare consigli a riguardo. Ma per me fare una pausa ha funzionato a meraviglia. Sono ancora sorpreso di quanto mi abbia fatto bene e ho dovuto prendere delle decisioni difficili lungo il percorso, come ritirarmi dai French Open e dalla stagione. Ora, col senno di poi, sembra così semplice. Non è vero che bisogna fare solo come ho fatto io per vincere Wimbledon. Sono sicuro che, andando avanti, prenderà le giuste decisioni, che abbia ancora tanti anni da giocare, se ne avrà voglia, e che vedremo un grande Andy Murray.
E cosa la spinge ad andare avanti? Non lo so. Amo giocare. Ho un team meraviglioso. A mia moglie va bene che io continui a scendere in campo, è la mia fan numero 1, è meravigliosa. Certo, amo gareggiare a alti livelli e non mi preoccupa l’allenamento o di dover viaggiare. E dato che gioco un po’ meno, in cambio ho più tempo libero. In questi giorni mi sento quasi come se lavorassi part-time, ed è una sensazione meravigliosa. (ride)
* The Interview People (Traduzione di E. Corti e C. Lulli) – Intervista pubblicata su Business People settembre 2017
Credits Images:Roger Federer, qui ritratto dopo il successo all'Australian Open 2018 dello scorso gennaio. Classe 1981, Federer è soprannominato King Roger per i record e il numero di titoli conseguiti. La maggior parte degli esperti lo considera il miglior tennista di tutti i tempi ed è il giocatore che ha vinto più tornei del Grande Slam (foto © Michael Dodge/Getty Images)